L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità, diceva Sir Winston Churchill. Da sempre il mondo si divide tra chi nella stessa situazione vede un rischio e chi invece una possibilità. La finanza, in questo senso, non fa eccezione. Ultimo oggetto dell’eterno dibattito è il metallo industriale per eccellenza: il rame.
Da sempre legato all’andamento economico, usato in diversi settori industriali, dall’elettronica alle conduzioni, dai generatori all’automobilistica, il metallo rosso sta vivendo una fase di caduta libera e continua a soffrire di alta volatilità. Le quotazioni hanno toccato i minimi da sei anni a questa parte, con una valutazione intorno ai 5.140 dollari a tonnellata sul mercato di Londra; un bel scivolone, se si considera che nel febbraio del 2011 si toccava il massimo storico a 10.180 dollari.
Attualmente, l’offerta supera la domanda. I grandi importatori di rame, su tutti Cina e Brasile, ne hanno sempre meno bisogno in quanto la loro economia reale sta vivendo una fase di contrazione (in Brasile si tratta di una vera e propria recessione). Gli investitori hanno liquidato le loro posizioni soprattutto sulla scia del rallentamento cinese, accertato fra l’altro dagli ultimi dati macroecononomici rilasciati dall’Ufficio nazionale di statistica, secondo cui la produzione industriale a luglio è cresciuta del 6% rispetto a 12 mesi fa, sotto le attese del mercato, mentre gli investimenti in capitale fisso, un indicatore fondamentale per la seconda economia mondiale, sono saliti dell’11,2% nei primi sette mesi, di nuovo sotto le attese.
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