L'Italia funziona solo in Piazza

L'indice borsistico della Penisola cresce, ma i dati macro continuano a segnalare una situazione difficile. La parte delicata, dicono gli analisti, è coltivare la fiducia degli investitori. 

Marco Caprotti 26/11/2014 | 14:58
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“Tiepida e fragile”. Così la Commissione europea, nel suo rapporto sulle previsioni d’autunno, definisce la ripresa italiana. Tra i rischi di peggioramento della situazione citati nel report, ci sono un ulteriore rinvio della ripresa della domanda esterna e l’aumento dei tassi di interesse che farebbe crescere le pressioni su imprese e settore pubblico per diminuire l’indebitamento, pesando sugli investimenti.

Fine della recessione?
E mentre Piazza Affari tiene, i numeri macro continuano a dipingere un quadro a tinte fosche della Penisola. L’indice Msci del Belpaese nell’ultimo mese (fino al 24 novembre) ha guadagnato il 2,76%, portando a più 9,1% la performance da inizio anno. L’andamento di Borsa, tuttavia, è il risultato di acquisti che gli operatori fanno su tutto il Vecchio continente (il cui paniere in quattro settimane è salito del 6%). I fondamentali dello Stivale, infatti, non giustificano l’ottimismo degli operatori. Secondo i dati dell’Istat, ad esempio, nel terzo trimestre, il Pil è sceso dello 0,1% congiunturale e dello 0,4% tendenziale. L’indicatore della ricchezza nazionale, sempre secondo l’istituto di statistica, diminuirà dello 0,3% nel 2014, per poi crescere dello 0,5% nel 2015 e dell’1% nel 2016. Si tratta di revisioni al ribasso rispetto alle precedenti stime diffuse a maggio.

Il Governo, da parte sua, prevede un calo del Pil dello 0,3% nel 2014 e una crescita dello 0,6% nel 2015 e dell'1% fra due anni. L'Ocse, intanto, ha alzato le stime del Pil nel 2015 a +0,2%, dal +0,1% comunicato lo scorso settembre, e prevede per il 2016 un miglioramento dell'1%.

Nel 2014, “dopo le marcate flessioni congiunturali registrate nel biennio precedente”, rileva Istat, il Pil mostra “un progressivo recupero su base tendenziale. Le prospettive di breve termine risentiranno sia del deterioramento delle condizioni della domanda interna, sia della minore espansione del commercio mondiale. La flessione del Pil proseguirà nei trimestri finali dell'anno in corso”. Nel biennio 2015-2016 “la graduale distensione dello scenario macroeconomico, insieme all'adozione di misure di sostegno dell'attività economica, supportano l’uscita graduale dell'economia italiana dalla fase recessiva. La crescita economica sarà essenzialmente sospinta dal miglioramento delle componenti interne di domanda. Nel 2015, la variazione del Pil tornerà debolmente positiva (+0,5%) chiudendo la lunga recessione del triennio precedente. Per il 2016 è previsto il consolidamento della crescita economica, che si dispiegherà a ritmi inferiori a quelli dei più dinamici concorrenti europei e internazionali”.

Il tasto dolente, pur se con qualche segnale di miglioramento, continua a essere la disoccupazione che, secondo l’Istat, raggiungerà il 12,5% nel 2014, il 12,4% nel 2015 e il 12,1% nel 2016. Le stime diffuse a maggio prevedevano il 12,7% per quest’anno, il 12,4% il prossimo e il 12% fra due anni.

Il nodo delle riforme
Il sigillo alla situazione difficile dell’Italia (e di altri paesi, per la verità) è arrivato nei giorni scorsi da Moody’s. “I governi dei paesi periferici (in Eurolandia) hanno raggiunto molto, ma il consolidamento di bilancio e i loro piani di riforme restano incompleti, in particolare in Italia”, spiega l’agenzia di rating nel suo Outlook 2015: Global Sovereigns con cui al debito tricolore assegna un giudizio Baa2 con outlook stabile. La società di analisi aggiunge che “nei Paesi core, in particolare in Francia (rating Aa1, prospettive negative), le riforme strutturali hanno realizzato poco, malgrado un crescente bisogno, per promuovere la competitività”. Il rapporto evidenzia che alcuni governi europei, come quello transalpino e quello italiano, “hanno già ridotto le loro ambizioni a livello di riforme strutturali e di consolidamento fiscale. Una diminuzione delle riforme mina le future prospettive di crescita e lascia i paesi di Eurolandia più vulnerabili a un’inversione di tendenza del sentiment degli investitori”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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