Cosa sono i titoli ad alto rendimento

High yield e high dividend sono due termini diventati popolari tra gli investitori negli ultimi anni, ma è importante comprenderne il significato prima di scegliere i fondi specializzati su queste asset class.  

Marco Caprotti 17/11/2014 | 10:17
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Alto rendimento e alto dividendo. Due definizioni (la prima per le obbligazioni la seconda per le azioni) che spesso bastano a sedurre gli investitori meno esperti. Ma, come in tutte le storie di passione, la realtà è un po’ più complessa e richiede una certa dose di prudenza e di sangue freddo.

Obbligazioni ad alto rendimento (high yield)
Sono tra gli strumenti più rischiosi all’interno dell’universo delle obbligazioni Si tratta di titoli di debito (o bond) emessi da imprese, stati sovrani o altre entità, ai quali viene attribuito un rating ridotto (per Standard & Poor’s pari o inferiore a BB) e che di conseguenza offrono un rendimento maggiore rispetto a titoli con un rating più elevato. In generale si definisce high yield uno strumento caratterizzato da un rendimento elevato, ma a fronte di livelli di rischio altrettanto alti.

Investimento spazzatura
Talvolta le obbligazioni high yield vengono definite anche junk bond (bond spazzatura). Si tratta titoli obbligazionari emessi da società ad alto rischio di insolvenza e che incorporano un elevato rendimento atteso. Hanno un rating inferiore a Baa (per Moody’s) oppure BBB (per Standard and Poor’s) e vengono classificate come “speculative grade bond” (obbligazioni speculative). Di solito è possibile ridurre il rischio, per chi volesse puntare su questa asset class, acquistando fondi specializzati in high-yield, che hanno il vantaggio di essere diversificati e gestiti da money manager esperti.

La regola della diversificazione
La parola chiave per investire in questa asset class (e forse più che altre situazioni) è “diversificazione”. Bisogna infatti evitare di concentrare l’investimento su pochi titoli ed emittenti. L’obiettivo è evitare che un problema non previsto di una singola società possa pregiudicare l’intero investimento. Bisogna poi preferire strumenti liquidi, dove la possibilità di vendere e comprare sia accessibile anche in fasi di elevata volatilità di mercato.

Alto dividendo
Le azioni che distribuiscono elevati dividendi possono offrire buone opportunità di investimento, ma anche alcune sfide. In effetti, il pagamento dei dividendi tende a rendere più stabile il rendimento totale dell’investimento effettuato (proprio come la distribuzione delle cedole per un’obbligazione) e, al tempo stesso, non impedisce di partecipare alla crescita del valore di mercato delle azioni scelte. I dividendi, a partire dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, sono stati una buona fonte di rendimento, soprattutto se utilizzati all’interno di un portafoglio ben diversificato. A partire dagli anni ’90 la situazione è cambiata. All’inizio del 2000 questo tipo di asset di investimento ha subito due forti spallate: la prima è arrivata con la febbre di Internet che ha portato gli investitori a puntare su quelle azioni che crescevano in fretta, a prescindere da considerazioni come i fondamentali, le prospettive industriali, la gestione e il vantaggio competitivo. Con le crisi (quella dei subprime prima e quella del debito europeo dopo) si è tornati a guardare con interesse a questo strumento. Inoltre, considerazioni legate alle tasse, alle esigenze di liquidità, al profilo di rischio-rendimento e alle valutazioni di mercato possono portare gli investitori a preferire titoli ad alto dividendo.

Occhio alla trappola
Lo yield di un’azione è dato dal rapporto fra dividendo e prezzo. Un elevato rendimento, quindi, potrebbe essere la conseguenza di prezzi molto bassi. Ecco perché puntando troppo su questo tipo di asset, si rischia di incappare in titoli ormai bocciati dal mercato o, comunque, con basse prospettive di crescita, che deprimono il valore totale del portafoglio. La regola della prudenza vale anche quando si sceglie il titolo su cui investire: non è detto infatti che l’azienda che stacca la cedola più alta sia necessariamente la migliore. Può avere raggiunto il punto massimo di crescita dei profitti e a quel punto decidere di smettere di pagarli o di ridurli, smettendo di garantire guadagni prevedibili nel tempo. Meglio, allora, orientarsi su chi ha dimostrato di saper far crescere i dividendi nel corso degli anni. Anche perché ha dato prova di saper navigare in qualsiasi situazione di mercato. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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