Chi ha paura degli emergenti

Il rallentamento della Cina e degli altri mercati in via di sviluppo sta frenando la ripresa delle Borse di Stati Uniti ed Europa. Ma le economie sviluppate per ora non sono a rischio. Ecco chi può rimetterci e chi si salverà.

Marco Caprotti 04/02/2014 | 14:31
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Punti chiave
-La tempesta che sta colpendo i mercati emergenti sta mettendo in discussione la ripresa delle Borse mondiali.

-Per gli operatori è il momento giusto per investire una parte dei profitti realizzati nel 2013 su azioni ben selezionate.

-Meglio seguire la crescita domestica dei paesi sviluppati 

 

Correzione o nuova crisi dei mercati che sia, l’attuale momento di debolezza delle Borse per gli operatori ha degli indiziati: i mercati emergenti e la loro fase di debolezza. Dal punto di vista operativo, quindi, è meglio guardare cosa succede all’interno dei paesi sviluppati.

Le responsabilità degli emerging
E’ colpa degli emerging (http://www.morningstar.it/it/news/120742/niente-panico-sono-emerging.aspx), dicono gli operatori, se l’indice Msci Europe nel primo mese dell’anno ha perso l’1,77% e il paniere Usa ha lasciato per strada l’1,32%. E questo in un anno che, secondo le previsioni fatte alla fine del 2013 avrebbe dovuto consacrare la definitiva ripresa delle Borse.

I motivi per avercela con le aree in via di sviluppo, in effetti, non mancano. Il primo emerging market ad alimentare la nuova ondata di preoccupazioni degli investitori è stato la Cina. I dati sulla produzione manifatturiera comunicati da Pechino hanno evidenziato il primo calo a gennaio da sei mesi a questa parte. La crescita del Pil (Prodotto interno lordo) del paese, tra l’altro (+7,7% nel 2013, stesso livello del 2012), e nonostante un quarto trimestre sopra il consensus (+7,6%), si è attestata ai minimi degli ultimi 13 anni. Poi è arrivata la crisi argentina, quando il paese sudamericano ha deciso una brusca svalutazione del peso, la valuta nazionale che ha riportato sui mercati i timori di una crisi finanziaria nella seconda economia per importanza in America Latina. A peggiorare la situazione sono arrivati i nuovi venti di crisi in Egitto, le proteste in Ucraina, gli allarmi terroristici per i Giochi olimpici in Russia e i pesanti ribassi nella valuta del Sudafrica.

Tutti elementi che hanno messo in dubbio la capacità di tenuta di Stati Uniti ed Europa. “Si è sempre pensato che gli emerging avrebbero dato la spinta all’economia mondiale creando un circolo virtuoso di cui avrebbero approfittato anche le regioni sviluppate, spiega una nota di Morningstar. “La fase di debolezza delle aree in via di sviluppo ora fa pensare che certi accenti ottimistici sugli Usa e sul Vecchio continente forse erano prematuri”.

New York sotto la lente
E’ soprattutto Wall Street che gli operatori tengono sotto la lente in questo momento. Un po’ perché gli Usa vengono ancora considerati la locomotiva del pianeta e un po’ perché l’Europa comunque, è ancora alle prese con gli effetti della sua crisi del debito per pensare a cosa accade al di là dei suoi confini. Ed è proprio alla Borsa di New York che la partenza difficile del 2014 della finanza è più evidente. Quando, il 15 gennaio, l’S&P 500 ha toccato il suo nuovo record storico, 86 società quotate su quel listino hanno fatto altrettanto. Ma quando, nel corso del terzo trimestre 2013, il paniere arrivava a nuovi massimi veniva imitato ogni volta da almeno 112 azioni (mediamente). Nelle ultime settimane, tra l’altro, quando il paniere americano di riferimento ha avuto degli strappi in avanti, lo ha fatto con la spinta di meno società rispetto al passato.

Le scelte operative
“Non si tratta necessariamente di cattive notizie”, continua la nota di Morningstar. “Significa che gli investitori stanno realizzando un po’ di profitti che poi saranno investiti su altri asset”. C’è poi l’impressione che gli operatori siano diventati più selettivi. Secondo i dati elaborati da Bank of America, l’anno scorso, di tutte le società quotate sull’S&P500, 460 hanno registrato dei rialzi. Fra queste c’erano anche aziende dai fondamentali scarsi che hanno approfittato della caccia (a volte indiscriminata) alle valutazioni fatta dagli operatori. “Oggi bisogna scegliere in maniera più oculata”, dice lo studio. “Alla luce dei momenti delicati, dal punto di vista macro, che stanno attraversando le regioni emergenti, conviene orientarsi sulle aziende dei paesi sviluppati che si muovono soprattutto su un orizzonte domestico. Più volte è accaduto che la congiuntura e le Borse andassero in direzioni opposte. In questo caso la prima, sia in America che in Europa, sta facendo meglio delle seconde”. 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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