C’è confusione sui mercati quando si parla di oro. Ma gli investitori, dicono gli analisti, non devono farsi disorientare e possono continuare a considerare il metallo giallo come un eccellente strumento di diversificazione.
Le stime degli operatori
Se è vero che tutti gli operatori danno per certo un rallentamento delle quotazioni del prezioso minerale nei prossimi mesi, sembra non esserci una visione omogenea sull’entità dell’indebolimento.
A dare il via alle discussioni è stato un report di Goldman Sachs secondo cui il metallo giallo, entro la fine del 2014, scenderà a mille dollari l’oncia. Gli analisti della merchant bank americana legano il calo dei prezzi alla ripresa dell’economia americana che farà tornare l’appetito per il rischio agli investitori allontanandoli dal più classico dei beni rifugio. Alle considerazioni di Goldman Sachs si sono accodati gli analisti di Credit Suisse, sottolineando la relativa stabilità dell’inflazione come elemento dannoso per l’oro. Commenti simili sono arrivati da Ubs, secondo cui i ribassi potrebbero essere avviati anche da nuove vendite di Etf auriferi amplificati dal recupero del dollaro (valuta di riferimento di tutte le materi prime). Anche Hsbc ha una visione negativa sull’oro, seppur moderata dal fatto che, dice, prezzi più bassi possono far aumentare la domanda da parte della Cina, regalando alle quotazioni un po’ di tono.
Il ruolo di Cina e India
Proprio al colosso emergente asiatico sono legate le speranze degli operatori del segmento aurifero. Secondo uno studio del World gold council (Wgc), la richiesta di oro da parte di Pechino dovrebbe essere pari alla crescita economica attesa per il paese (+7,6% quest’anno, 7,4% nel 2014 e 7,2% nel 2015). Secondo la London Bullion Market association il metallo giallo fra 12 mesi varrà 1.405 dollari l’oncia, con una crescita di circa l’8,8% rispetto ai prezzi di questi giorni, ma comunque in calo del 27% rispetto ai massimi di settembre 2011. Anche per l’associazione che rappresenta i trader del settore, la colpa è della ripresa economica che allontana gli investitori.
C’è poi la questione dell’India. Il paese emergente, che è considerato il maggiore importatore d’oro al mondo (secondo i dati del Wgc consuma il 20% della produzione globale), ha annunciato che quest’anno le importazioni caleranno del 5,3%. Una scelta imposta dal governo per cercare di ridurre il debito della bilancia commerciale, tenendolo sotto la soglia dei 70 miliardi di dollari. Per fare questo sono state introdotte una serie di norme come tasse più alte sull’import (solo quest’anno sono state aumentate tre volte) e l’obbligo per i commercianti di mettere da parte il 20% del materiale che dovrà essere rivenduto all’estero una volta trasformato in oggetti preziosi.
Le scelte operative
“Gli investitori non dovrebbero lasciarsi confondere dalle discussioni su dove sarà l’oro fra un anno”, spiega Todd Wenning, analista di Morningstar. “Il metallo giallo resta un ottimo elemento di diversificazione del portafoglio. Soprattutto se ci si dirige sulle azioni delle società di qualità legate al minerale. Si tratta di aziende che possono contare su un aumento della produzione e su una crescita costante dei flussi di cassa, che forniscono un valido cuscinetto nei momenti in cui i prezzi scendono”.
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