Nuova Cina, una scommessa

Approvato il dodicesimo piano quinquennale sull’economia. Il Dragone si prepara a passare da produttore a consumatore.

Valerio Baselli 10/03/2011 | 14:52
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La Cina si prepara alla svolta. Infatti, nel corso dell’imminente Congresso nazionale del Partito Comunista cinese, l’Assemblea del Popolo approverà il dodicesimo piano quinquennale sulla crescita economica. Questa volta, non si tratterà solo di previsioni e di numeri (che comunque sono stati rivisti leggermente al ribasso: 7% di crescita annua contro il 7,5% precedente), ma di un cambiamento radicale nella strategia di sviluppo del Dragone.

La nascita del consumatore cinese
Il modello cinese si sposterà dalla struttura basata sulle esportazioni e gli investimenti degli ultimi 30 anni verso un modello di crescita sempre più guidato dai consumatori cinesi. La recente crisi e la conseguente recessione dell’occidente, ha messo di fatto a rischio la domanda esterna su cui la Terra di mezzo fa da tempo affidamento. Certo, questo vuol dire solo una cosa: aumentare il potere d’acquisto dei cittadini. Come? “La Cina inizierà a staccarsi dal modello manifatturiero sul quale si reggeva la crescita”, commenta Stephen S. Roach, presidente non esecutivo di Morgan Stanley Asia, in una recente nota. “Per contro, con il nuovo piano, la Cina adotterà un modello a maggior intensità di forza lavoro da impiegare nei servizi”.

Questa transazione dovrebbe permettere alla Repubblica popolare di aumentare significativamente i potenziali posti di lavoro. Il punto nodale, però, è un altro. “La seconda iniziativa del piano per incentivare il consumo avrà come obiettivo quello di aumentare gli stipendi, a partire da quelli degli agricoltori”, afferma Roach. Ad oggi, infatti, i lavoratori agricoli percepiscono un salario medio pro capite pari al 30% di quello dei lavoratori urbani.

Una trasformazione non indolore
Una spinta importante arriverà anche dalle politiche di incentivazione di una migrazione rapida e continua dalle campagne verso le città. Negli ultimi 10 anni, circa 20 milioni di individui si sono spostanti dalle aree rurali a quelle industrializzate. “L’incentivazione dell’impiego attraverso il settore dei servizi e l’aumento degli stipendi attraverso il sostegno agli agricoltori porterà un rialzo del reddito individuale dei cinesi, al momento pari alla metà di quello dei cittadini Usa”. Esiste però uno svantaggio, conclude Roach: “spostandosi verso una dinamica guidata dal consumo interno, la Cina ridurrà il suo surplus ed avrà meno fondi per salvare i deficit di altri Paesi come gli Usa”.

Ma i costi di questa trasformazione non finisco qui. “La Cina, per forza di cose, perderà competitività a livello globale”, afferma David Beim, docente di economia presso la Columbia Business School in una nota per Morningstar. La Cina deve sviluppare il consumo interno, ma questo è più facile a dirsi che a farsi. “Il fatto è che la maggior parte dei cinesi sono poveri, sono pagati male e non percepiscono rendimenti decenti sul loro risparmio. Se si vuole aumentare la domanda interna, le autorità cinesi devono aumentare i salari e i tassi di rendimento. Tutto questo richede riforme epocali anche nella sanità e nell’istruzione”.

Insomma, questo cambiamento non sarà indolore e per alcuni anni richiederà dei sacrifici. “Lo scenario più probabile è quello accaduto in Korea del Sud, passata da percentuali di crescita annua del 10-11% negli anni ’80 al più stabile 4-5% nei primi anni del 2000”, conclude Beim.

Il panorama italiano
In Italia, oltre a 4 Etf dedicati al Dragone, sono ad oggi disponibili oltre 20 fondi comuni rientranti nella categoria Morningstar “Azionari Cina”, che presentano un rendimento medio da inzio anno pari a -5,7% (dati in euro al 28 febbraio).

*Questo articolo è stato pubblicato in forma ridotta su Italia Oggi in data 8 marzo 2011.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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