Dopo la crisi c'è il rischio Paese

Dopo Dubai è arrivato il terremoto Grecia. Intanto gli analisti osservano Usa e UK.

Marco Caprotti 11/12/2009 | 10:40
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La crisi di Dubai è stata solo l’antipasto. Il piatto forte è arrivato con il buco da 300 miliardi di euro della Grecia e il downgrade delle previsioni da parte delle agenzie di rating del debito della Spagna.

Come nel caso dell’Emirato arabo, anche la tempesta ellenica ha colto di sorpresa il mercato. L’economia del Paese è cresciuta del 4% all’anno dal 2003 al 2007, grazie anche agli investimenti per le infrastrutture fatti in occasione delle Olimpiadi. Con la crisi, invece, il Pil ha subito una contrazione al 2,8% nel 2008. La Grecia, inoltre, è il Paese europeo che approfitta maggiormente degli aiuti dell’Unione europea e dal 2007 ha raggiunto i criteri del Patto di stabilità. “Quello che è successo a Dubai prima e in Grecia dopo è la dimostrazione che i nodi della crisi fina

nziaria stanno venendo al pettine”, spiega una nota di Morningstar. “In tutto il mondo gli Stati si sono fortemente indebitati per pompare liquidità sui mercati. Per quelli più traballanti la situazione è fatale”.

Le notizie, che stanno arrivando dalle diverse parti del mondo, evidenziano anche un altro elemento: l’importanza del cosiddetto “rischio Paese”. Un fattore che la globalizzazione della crisi sembrava aver messo in secondo piano. “Ma come dimostrano i fatti di questi giorni è di drammatica attualità”, continua lo studio. “Solitamente si considerano pericolosi i mercati cosiddetti emergenti come l’Asia o l’Est Europa. Nessuno si aspettava che un Emirato arabo o un membro dell’Unione europea potessero essere più pericolosi di un’area in via di sviluppo”. Il risultato potrebbe essere un ulteriore ritardo della crescita dei mercati finanziari e, più in generale, della congiuntura globale.

“Eventi come questi innervosiscono gli investitori”, continua lo studio. “Quando le tempeste scoppiano anche nelle zone considerate più tranquille, allora gli operatori si muovono con i piedi di piombo e preferiscono restare liquidi. Senza contare che a questo punto dovranno essere rifatte le stime di crescita nel 2010 di tutti i Paesi del mondo. Sulla stessa lunghezza d’onda Ben Kwong, amministratore delegato della società di consulenza KGI Limited. “Quello che sta succedendo in queste settimane ha dato una buona scusa agli investitori per prendere profitto prima della fine dell’anno e mettere al sicuro i soldi”, scrive in uno studio. “Il sentiment di mercato è improntato a una forte cautela”.

Nessuno, tra l’altro, sembra sapere con esattezza dove scoppierà la prossima bomba-Paese. Per non rischiare di essere colti alla sprovvista le agenzie di rating hanno già messo sotto osservazione le finanze di Stati Uniti e Gran Bretagna. “E questo la dice lunga sullo stato di agitazione dei mercati”, continua Kwong. Il caso inglese, inoltre, è il più complesso. Le banche del Regno Unito, infatti, sono le più esposte alla bolla immobiliare scoppiata a Dubai e guardano con apprensione alle manovre di salvataggio che vengono messe in campo dagli altri Emirati.

La Grecia, invece, rischia di dividere le istituzioni europee. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha affermato che il problema ellenico deve essere affrontato da tutta la comunità. La Bce, invece, ha detto che non aiuterà Atene perché la questione non rientra fra le sue competenze. A dirimere la questione ci sta provando il ministro greco delle Finanze, George Papacostantinou. “Il Paese farà quanto necessario per rispettare i propri obblighi”, ha spiegato in numerose interviste. “Comunque non c’è assolutamente il rischio di un default”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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