Il Giappone non ritrova lo slancio

La bilancia commerciale del Sol levante peggiora. E non è solo colpa della Cina. La BoJ, intanto, prepara nuove iniezioni. 

Marco Caprotti 22/10/2012 | 11:44
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Il motore del Giappone tira dei colpi a vuoto. L’indice Msci dell’Arcipelago nell’ultimo mese (fino al 19 ottobre e calcolato in euro) ha perso l’1,8% anche se, da inizio anno, la performance resta positiva per il 2,4%.

L’andamento borsistico delle ultime settimane è lo specchio del degradarsi del quadro congiunturale. La bilancia commerciale giapponese ha accusato a settembre un deficit per 558,6 miliardi di yen (circa 5,5 miliardi di euro) a causa di un sensibile calo dell’export (-10,3%) legato alla sfavorevole situazione dell’economia mentre le importazioni sono salite del 4,1%. Lo comunica il ministero nipponico delle Finanze. Il dato supera le attese degli analisti, pari a 548 miliardi di yen. E’ la prima volta dal 1979 che il Paese registra nel mese un disavanzo commerciale. In particolare sono scese le vendite verso la Cina (-14,1%), primo cliente di Tokyo, a causa di una contrazione dell’export di macchinari legata al rallentamento della crescita della congiuntura in Cina. Con Pechino, inoltre, i rapporti sono tesi a causa della disputa sulla sovranità delle isole Senkaku. Verso gli Usa l’export nipponico è salito dello 0,9%, mentre è precipitato del 21,1% verso l'Ue e del 7,7% verso altri quattro Paesi industrializzati dell’Asia: Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore.

La Bank of Japan (BoJ), intanto, continua a somministrare tonici. A fine settembre l’istituto centrale nipponico ha annunciato una iniezione di liquidità da oltre 80 mila miliardi di yen, pari a 800 miliardi di euro, il cui obiettivo è di rilanciare l’economia nel Sol Levante. Secondo alcune voci raccolte dalla stampa, inoltre, il paese sarebbe in procinto di varare un pacchetto di stimoli che dovrebbe partire entro la fine di novembre.

L’industria zoppica
Per quanto riguarda il comparto industriale, è peggiorato l’indice Tankan, la statistica elaborata dalla BoJ che misura la fiducia delle grandi imprese manifatturiere in Giappone. Il dato di settembre è stato pari a -3 punti da uno del mese scorso, battendo comunque le attese che erano per una discesa a -5. A complicare la situazione dell’arcipelago ci sono anche una serie di intoppi dal punto di vista industriale. Toyota, Nissan e Suzuki, ad esempio, hanno ridotto la produzione di auto in Cina dopo le proteste anti-nipponiche scoppiate a causa della nazionalizzazione da parte del governo giapponese delle isole Senkaku. La decisione è legata alle molte difficoltà incontrate dalle concessionarie in Cina, o perché chiuse o perché devono misurarsi con prospettive di vendita ormai compromesse (almeno per il 2012) nel primo mercato al mondo dell’auto.

Toyota ha anche dovuto richiamare oltre 7 milioni e 400mila auto. Si tratta di tutti i modelli Auris, Corolla, Rav4, Yaris e Camry venduti sul mercato mondiale tra settembre 2006 e dicembre 2008 per un problema legato al sistema di apertura dei finestrini. Si tratta della singola operazione di richiamo più grande dopo quella operata dalla Ford che, nel 1996, ritirò circa 8 milioni di veicoli.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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