Fed e Bce non hanno la bacchetta magica

Gli investitori sperano che le banche centrali, da sole, possano salvare l'economia globale. Ma si sbagliano.

Jeremy Glaser 09/08/2012 | 14:53
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Sembra che ultimamente le speranze economiche del mondo siano nelle mani delle banche centrali. Il mercato si aggrappa ad ogni parola che arriva dalla Federal Reserve e dalla Banca centrale europea, sperando si sentire qualcosa riguardo a nuovo piano di stimolo economico. Questa attenzione nei confronti degli istituti monetari non deve sorprendere. Alla luce degli atteggiamenti sclerotici della politica in Europa e negli Usa, gli investitori si affidano a istituzioni più autonome per cercare di rivedere una ripresa dei mercati. Certamente una buona politica monetaria è cruciale per rimettere la congiuntura sui binari giusti. Ma questa, da sola, non è sufficiente. Sono necessarie anche una politica fiscale migliore e alcuni provvedimenti dolorosi. E chi spera in un miracolo da parte delle banche centrali potrebbe rimanere deluso.

Che potenza di fuoco ha la Bce?
Dopo più di quattro anni di crisi finanziaria, cosa possono fare gli istituti monetari? La risposta è diversa a seconda della parte dell’Atlantico in cui ci si trova. Gli europei sono convinti che la Bce possa far correre l’economia e, certamente, l’istituto guidato da Mario Draghi ha molte armi a sua disposizione che possono fare la differenza. Ma il fatto che questo arsenale possa essere utile non significa che, da solo, possa risolvere la situazione. L’azione che la banca prenderà subito probabilmente sarà quella di acquistare debito governativo sul mercato per far abbassare i rendimenti. Il presidente della Bce Mario Draghi nei giorni scorsi ha fatto capire che l’operazione potrebbe prendere il via entro le prossime due settimane. Questa, potenzialmente, è una mossa vitale. Per la Spagna, in particolare, che ha i rendimenti dei suoi titoli di stato sopra la soglia del 7%. Un livello che rende possibile rispettare gli impegni dei debiti in scadenza e peggiora il problema di deficit statale. La Bce ha la forza per riportare la situazione iberica nell’alveo della normalità. Tuttavia, l’acquisto dei bond farebbe solo e soltanto questo. Abbassare artificialmente lo yield della Spagna, però non risolverebbe i problemi del paese. La Spagna, fra le altre cose, deve ancora affrontare i suoi problemi di competitività, deve avere bilanci credibili e deve abbassare il tasso di disoccupazione. La Bce può aiutare, ma ci vorrà la volontà politica per finire il lavoro.

La banca centrale europea può anche giocare un ruolo fondamentale nella stabilizzazione del comparto finanziario della regione. Può fornire alle banche la liquidità necessaria per mettere a posto i libri contabili e tornare a fare prestiti. Gli istituti di credito, da parte loro, devono però essere pronte ad accettare delle perdite e la devono smettere di continuare a negare la realtà. In altre parole: la Bce può essere utile, ma da sola non può risolvere la crisi. Ovviamente può fare anche altre cose per dare una spinta alla crescita. Può abbassare ancora i tassi di interesse o utilizzare strumenti di politica economica non convenzionali. Ma, ancora una volta, tutto questo da solo non basterà. La Bce ha combattuto duramente per essere indipendente, ma non può fare quello che vuole senza il supporto della politica. Molti paesi europei – e in particolare la Germania – sono allergici all’inflazione. Ogni mossa dell’istituto che corre il rischio di far muovere i prezzi incontrerebbe una forte resistenza. E la Bce difficilmente si muoverebbe in questa direzione senza il consenso della politica.

E la Fed?
La Federal Reserve è in una posizione simile. Ci sono forti attese affinché dia una spinta alla congiuntura, ma la capacità della Banca centrale Usa di mettere l’economia sulla giusta rotta è in qualche modo limitata.

La Fed nel corso delle ultime crisi è stata molto aggressiva. Ha portato avanti, fra le altre cose, una politica di tassi “vicini allo zero” mai vista prima e due programmi di acquisto di obbligazioni. Tutto questo è servito ad evitare un collasso dell’economia. Oggi si dice che la Fed sia pronta a imbarcarsi in un nuovo programma di Quantitative easing. Ma la forza di questo tipo di operazioni si sta via via abbassando. Uno dei benefici di una nuova azione di questo tipo, dicono i bene informati, sarebbe quello di riportare gli investitori, delusi dai rendimenti che otterrebbero di Treasury, verso gli asset più rischiosi. Ma non è detto che questo accada. Se gli operatori hanno paura dell’Apocalisse, niente li convincerà che vale la pena correre incontro ai pericoli. Preferiranno sempre la sicurezza dei T-bond anche se ci guadagneranno meno (che è poi quello che sta accadendo in Europa). Insomma, anche in questo caso, un intervento della Fed  - da solo - non basterà a sciogliere i nodi che imbrigliano l’economia americana. Le aziende devono tornare a credere che valga la pena assumere di nuovo. Le famiglie devono essere convinte che il mercato immobiliare sia di nuovo stabile. Il Presidente e il Congresso, infine, devono trovare una soluzione al problema del debito nazionale. Ma questo è difficile che accada prima delle elezioni.

E’ assolutamente importante guardare e ascoltare quello che la Bce e la Fed fanno e dicono. Devono fare le mosse giuste per riportare le condizioni di crescita. Ma anche tutti gli altri devono fare la loro parte. Una buona politica monetaria non può fare le veci di governi che non vogliono fare le riforme.

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Jeremy Glaser  Jeremy Glaser is the Markets Editor for Morningstar.com.

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