Usa, la recessione fa meno paura

I dati macro sono in miglioramento, così come i profitti aziendali. Il problema principale resta il futuro dell'Europa.

Marco Caprotti 09/11/2011 | 11:03
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L’America vede allontanarsi lo spettro della recessione. Lo dice la Borsa, che di solito anticipa gli eventi macroeconomici e, aggiungono gli analisti, lo mostrano i dati congiunturali dell’ultimo trimestre. In un mese (fino all’8 novembre e calcolato in euro) l’indice Msci della regione ha segnato +7,8%, anche se la performance da inizio anno è negativa per il 2,5%. I dati, peraltro, sono migliori se letti in dollari: +10,37 in quattro settimane e +0,34% da inizio gennaio.

Il quadro macro
Per quanto riguarda gli aspetti macro, i dati comunicati a fine ottobre dicono che il Pil (Prodotto interno lordo) nel terzo trimestre dell’anno è salito del 2,5%, rispetto al +0,4% del periodo gennaio marzo e al +1,3% di aprile-giugno. Depurando il dato dalle variazioni di prezzo (ottenendo in questo modo il Pil reale), la crescita è superiore ai massimi segnati nel 2007, subito prima della crisi scatenata dai subprime.  Le società quotate sull’S&P500, intanto, nel periodo di riferimento hanno segnato una crescita media dei profitti del 10% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso.

Uno dei risultati di questi bilanci è che le aziende americane ora hanno in cassa un totale di poco superiore ai 2mila miliardi di dollari pronti da utilizzare per futuri investimenti. Questo significa che, se dovessero uscire nuovi numeri positivi sullo stato di salute dell’America, una parte di quei soldi potrebbe essere utilizzata per nuovi investimenti, compresa l’assunzione di personale.

Sul fronte delle notizie negative vanno inserite quelle sul continuo calo della fiducia dei consumatori. Questo elemento, tuttavia, stride con la crescita delle vendite al dettaglio. La situazione, tuttavia depone a favore dell’equity. Secondo uno studio della società di analisi Ned Davis Research, infatti, i migliori rendimenti dell’azionario a stelle e strisce si sono avuti quando la fiducia delle famiglie era ai livelli più bassi.

Occhio all’Europa
Questo quadro, però, nelle sue implicazioni future non può prescindere dalla situazione europea. Anche perché il Vecchio continente resta uno dei mercati di riferimento della Corporate America. “Gli investitori fanno bene a concentrarsi su quello che sta succedendo nell’Ue, soprattutto per quanto riguarda gli eventi in Grecia”, spiega Robert Johnson, responsabile dell’analisi economica di Morningstar. “L’importante, però, è che non perdano di vista i flussi di buone notizie che gli Stati Uniti stanno producendo, sia per quanto riguarda la congiuntura sia in riferimento alla situazione delle aziende. Personalmente sono convinto che la Grecia, da sola, non sia in grado di far collassare il sistema economico mondiale. Tuttavia, le proteste che stanno infiammando quel paese sono emblematiche di quello che potrebbe succedere in altre nazioni alle prese con la crisi del debito. E allora lo scenario potrebbe cambiare”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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