Etf, come misurare la liquidità

È cruciale per gli investitori comprendere come si formano i prezzi e cosa accade in fasi di alta volatilità.

Ben Johnson 03/10/2011 | 15:54
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Eventi non prevedibili come lo tsunami giapponese o periodi di altissima volatilità come lo scorso mese di agosto hanno evidenziato il pericolo dei crolli intra-day nel livello di liquidità dei titoli scambiati in Borsa, tra cui ci sono anche gli Exchange traded fund. Durante le fasi più calde, infatti, diversi market makers non sono riusciti a mantenere la liquidità di questi strumenti sempre al livello desiderato. È quindi fondamentale per gli investitori comprendere da cosa dipende la liquidità degli Etf e come gestire le fasi più turbolenti.

Con il termine “liquidità” si intende la facilità con cui un’attività finanziaria (obbligazione, azione, divisa, fondo o, appunto, Etf) viene scambiata sul mercato. Più il mercato è liquido e più sarà facile che il proprio ordine (di acquisto o di vendita) venga eseguito in un tempo breve e soprattutto al prezzo indicato. Il problema principale in un mercato poco liquido è infatti rappresentato dall’ampliarsi dello spread bid-ask, ovvero la differenza tra il prezzo di offerta e quello di domanda, il quale rappresenta un costo implicito per l’investitore.

Le fonti di liquidità
Occorre distinguere due forme distinte di liquidità per gli Etf, quella sul mercato primario e quella sul mercato secondario. Il mercato primario è dove gli Etf nascono; al proprio interno gli Authorised participant (AP) creano le quote che poi verranno distribuite dietro corrispettivo di un pagamento o di altri titoli a favore dell’emittente.

Tuttavia, per gli investitori privati quello che conta è la liquidità del mercato secondario. Ci sono molti fattori da tenere in considerazione nell’analizzare il grado di liquidità sul mercato secondario: il patrimonio gestito, il volume di scambi, il numero di market maker e lo spread bid-ask. Le prime due informazioni sono piuttosto facili da reperire, per esempio sul sito web dell’emittente o della Borsa su cui l’Etf viene scambiato. Per quanto riguarda il volume di scambi, è sempre meglio prendere in considerazione il volume per controvalore, piuttosto che per numero di contratti, in quanto è una misura può precisa del grado di liquidità. Ad esempio, un Etf che scambia 500 mila quote al giorno per un valore di 0,8 euro ciascuna è molto più liquido di un replicante che scambia un milione di quote a 0,1 euro ciascuna.

Di norma, anche il numero di market maker è indicato sul prospetto informativo o sul sito Internet dell’emittente. È bene ricordare che il market maker è un intermediario finanziario che si impegna a determinare un prezzo di acquisto e di vendita per lo strumento permettendo a tutti gli altri investitori di comprare o vendere a quei prezzi. Il suo ruolo è modificare continuamente i prezzi in base a ciò che accade. Più il numero è elevato, più sarà probabile ottenere uno spread bid-ask molto basso e quindi competitivo. Minore è lo spread, maggiore è la liquidità.

Alcuni operatori operano poi su mercati non regolamentati (in inglese Over the counter – Otc). Di norma, le operazioni Otc sono dominate dai grandi investitori istituzionali, che eseguono scambi di grosse dimensioni. Queste operazioni rappresentano una fonte molto importante di liquidità per il mercato secondario, visto che in media pesano per almeno la metà del volume di trading totale. Inoltre, poichè questi scambi non rientrano nelle statistiche ufficiali previste dalla direttiva Mifid, i volumi di Borsa tendono a sottostimare gli scambi reali.

Consigli pratici
Il primo consiglio è investire negli strumenti più liquidi. Gli investitori possono scoprire quali tra le opzioni a loro disposizione sono le più liquide analizzando le misure menzionate in precedenza. Inoltre, quando si scambia Etf poco liquidi oppure ci si trova in periodi di estrema volatilità, gli investitori dovrebbe utilizzare i limit order, ovvero l’ordine ad acquistare ad un prezzo specificato (o per cifre minori), o di vendere al raggiungimento di quel prezzo (o per cifre superiori). L’utilizzo dei limit order permette infatti agli investitori di mantenere il controllo sul prezzo di esecuzione dell’ordine (e quindi sullo spread bid-ask) durante fasi di particolare turbolenza.

Inoltre c’è il problema dei fusi orari. Prima di acquistare o vendere un Etf che replica un indice estero è meglio dare un’occhiata al proprio orologio. Infatti, il prezzo di Etf del genere sarà più accurato durante l’orario di apertura del mercato replicato. Insomma, forse prima di scambiare un Etf sullo S&P 500 o sull’indice Msci Japan è meglio aspettare l’apertura di quei mercati.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Ben Johnson  Ben Johnson è director of global exchange-traded fund research di Morningstar.

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