I bond sudano e guardano l'Europa

Gli investitori vendono le obbligazioni per l'equity. La situazione del Vecchio continente tiene in fibrillazione gli investitori.

Marco Caprotti 24/01/2011 | 11:31
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Il ritrovato appetito per le azioni degli investitori sta facendo passare la fame di obbligazioni. L’indice Citi WGBI del settore nell’ultimo mese (fino al 24 gennaio e calcolato in euro) ha perso l’1,8%. Un deciso cambio di rotta rispetto alla tendenza del 2010 in cui, nonostante qualche segnale di recupero dei mercati, gli operatori hanno comunque cercato la sicurezza dei bond facendo guadagnare al paniere il 12,5%.

“I mercati azionari a cavallo fra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, sono ripartiti di slancio costringendo molti investitori a rivedere alcune strategie troppo prudenti”, spiega uno studio di Dave Sekera, analista di Morningstar. “Lo scenario per questo tipo di asset è a due facce, a seconda che si parli di Stati Uniti o Europa. In generale diciamo che è meglio prendere un po’ di profitto dalle obbligazioni governative. In questo modo si avranno i soldi necessari per sfruttare le prossime occasioni che arriveranno.

Gli Usa respirano
Per quanto riguarda gli Usa gli analisti prevedono una normalizzazione della situazione grazie alle nuove prospettive di ripresa economica del Paese che stanno spingendo i money manager a cedere bond per caricare i portafogli di azioni e per avere munizioni fresche quando la tempesta che da novembre dell’anno scorso sta attraversando l’Europa porterà i Paesi del Vecchio continente a fare nuove emissioni che gli consentano di attraversare in sicurezza il momento. “I prossimi numeri macro potrebbero mostrare che la congiuntura non si sta muovendo così velocemente come qualcuno spera”, continua Sekera. “I risultati aziendali, tuttavia, migliorano portando con sé una serie di conseguenze benefiche: i flussi di cassa aumenteranno e le banche si sentiranno più sicure nel concedere prestiti con benefici generalizzati su tutta l’economia e un aumento dell’appetito per il rischio”.

Quadro complesso per l’Europa
Gli occhi degli investitori in obbligazioni, tuttavia, continueranno ad essere puntati sulla situazione europea dove, nelle settimane scorse, si sono visti i fuochi d’artificio. Da parte delle istituzioni finanziarie e politiche è arrivata la proposta di nuove emissioni obbligazionarie, scaricando in questo modo sui cosiddetti bondholders delle banche gli aiuti forniti agli istituti finanziari del Vecchio continente. Questo ha fatto aumentare lo spread fra le emissioni delle aziende in generale e quelle delle società di credito. “Il differenziale aumenterà fino a quando le autorità di regolamentazione non chiariranno in che misura gli aiuti peseranno sui titolari di obbligazioni”, continua lo studio.

C’è poi la situazione generale dei Paesi a rischio che, secondo gli analisti, non potrà essere risolta con programmi di aiuto che sembrano non intaccare la sostanza del problema, nonostante il caldo benvenuto ricevuto dalle emissioni di Stati come il Portogallo, la Grecia e la Spagna. “La crisi del debito sovrano non è finita”, dice senza mezzi termini lo studio di Sekera. “Ci vogliono riforme strutturali a livello politico che riducano il numero di asset governativi a rischio presenti all’interno delle banche. Serviranno molto tempo e molti sforzi da parte dei governi per riportare in ordine i conti delle diverse nazioni. L’Eurozona, insomma, dovrà fare molto di più per la ristrutturazione del debito dei Paesi insolventi”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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