L'Europa paga i ritardi della Bce

La recessione del Vecchio continente nel 2009 sarà pesante. E gli Usa ripartiranno prima.

Marco Caprotti 24/11/2008 | 10:36
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In ritardo e insufficienti. Così gli analisti giudicano i tagli dei tassi di interesse effettuati e proposti dalle maggiori banche centrali europee, Bce in testa. Il risultato sarà una recessione più lunga rispetto agli Stati uniti e una ripresa più lenta dell’indice Msci Europe che, nell’ultimo mese (fino al 24 novembre e calcolato in euro), ha perso il 17,5%, portando a -50% circa la performance da inizio anno.

Secondo una ricerca del think thank Ihs Global Insight il Vecchio continente ha altissime probabilità di avere una profonda e prolungata frenata nel 2009. L’economia britannica, per esempio, subirà una contrazione dell’1,5%”, dice il report. “Nell’Eurozona, invece sarà dello 0,7%”. I mercati più colpiti saranno quelli in cui è più sviluppato il settore immobiliare

e delle costruzioni: Spagna, Irlanda e Inghilterra. Quest’ultima, in particolare, dovrà fare i conti con la forte esposizione nel comparto finanziario. A pagare di più, tuttavia, sarà l’Irlanda con un calo del Pil del 3%. Anche Germania e Svezia sono molto vulnerabili, visto che le loro esportazioni sono soprattutto auto e camion. “Due settori dove la domanda globale sta calando pesantemente”, spiega lo studio di Ihs.

Per quanto riguarda i Paesi dell’Europa centrale e dell’est, i più colpiti saranno quelli che dipendono dalle commesse dell’Ovest come Ungheria e Repubblica ceca (in questi due stati l’export contribuisce al 40% del Pil) insieme a quelli che contano sui prestiti stranieri (Bulgaria, Romania e Stati baltici). Fra tutti questi, la frenata maggiore (più dell’1%), sarà registrata dall’Ungheria.

Dal punto di vista dei settori gli analisti di Ihs consigliano di stare attenti ai finanziari e ai ciclici, troppo legati, questi ultimi, all’andamento dell’economia globale. “Occhio quindi alle costruzioni e al comparto auto”, continua lo studio. “Anche se, con la crisi del credito, nessun settore può essere considerato al sicuro”. La buona notizia, almeno in parte, arriva dall’euro. “La moneta unica negli ultimi mesi ha perso forza e nel medio periodo dovrebbe attestarsi attorno a 1,30 contro dollaro”, dicono gli analisti di Ihs. “Si tratta di un vantaggio competitivo per gruppi che vivono di export come Daimler e Eads. Ma resta sempre il pericolo di un improvviso rafforzamento della valuta di Eurolandia”.

Si arriva così a una delle domande più ripetute in questi mesi: chi vedrà prima il recupero delle Borse, gli Stati Uniti o l’Europa? Ihs non ha dubbi, e la sua risposta non piacerà alle banche centrali europee: “Grazie all’aggressiva strategia di taglio dei tassi della Fedral Reserve e al pacchetto di incentivi fiscali approvati dal governo americano gli Usa vedranno un rimbalzo degli indici molto prima del Vecchio continente”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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