Il bisogno di sicurezza spinge le linee garantite

I ribassi dei mercati e le scarse performance dei fondi pensione negoziali fanno crescere le sottoscrizioni delle linee che assicurano il capitale. Tuttavia, chi ha un orizzonte contributivo di lungo periodo rischia di vanificare i risultati della previdenza integrativa.

Maria Grazia Briganti 07/08/2008 | 11:24
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Il 2007, che ha sancito l’entrata in vigore della riforma previdenziale, non è stata una delle annate migliori per i fondi pensione chiusi. E anche il primo semestre dell’anno è stato archiviato con un certo affanno. Colpa della crisi finanziaria che sta penalizzando da ormai oltre 12 mesi i mercati mondiali e della quale non si intravede ancora la fine.

Nel corso del primo semestre 2008, i fondi pensione di categoria hanno perso mediamente il 2,6%: indubbiamente meno dei listini azionari internazionali (-18,1% il calo dell’indice Msci World), ma senza reggere in confronto con i mercati obbligazionari (+0,77% l’indice JPM GBI nel semestre) e soprattutto con il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) che, spinto in alto dall’aumento dell’inflazione, ha reso nello stesso periodo il 2,1%.



La ricerca della sicurezza di un rendimento, seppur minimo, come quello offerto dal Tfr, è evidente anche nei dati pubblicati dal Mefop nel suo Bollettino trimestrale. Se negli ultimi tre mesi -calcolati al 30 giugno- gli aderenti ai fondi chiusi sono aumentati di circa il 16%, è vero che circa il 90% delle nuove sottoscrizioni è andato a finanziare le casse delle linee garantite, che assicurano cioè il capitale versato o una rivalutazione analoga a quello del Tfr.

Il successo di queste linee può essere in parte spiegato dal fatto che accolgono per legge anche i cosiddetti “conferimenti taciti”, provenienti, cioè, dai lavoratori che non esprimono una volontà di dove destinare il proprio Tfr.

Le adesioni tacite ai fondi di categoria, infatti, nel trimestre marzo-giugno, sono state oltre 91mila, e 9.500 sono stati i nuovi iscritti a FondInps, il fondo pensione presso l’Inps che accoglie le iscrizioni provenienti da lavoratori taciti appartenenti a società con più di 50 dipendenti. Ma è anche significativa la percentuale di coloro che sono usciti dalle linee conservative, per legare i propri contributi previdenziali al tasso di rivalutazione offerto dal Tfr.

Che gli italiani siano tra gli investitori più avversi al rischio in Europa, è un dato che storicamente emerge da numerose fonti e sondaggi. Non sorprende, quindi, che soprattutto in materia previdenziale, la loro necessità di sicurezza emerga con più determinazione. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di ripetere più volte nel corso di queste pagine per i fondi comuni, anche l’investimento previdenziale va valutato nel lungo periodo e coerentemente con il proprio orizzonte temporale.

Chi ha diversi decenni di contribuzione davanti a sé non deve lasciarsi spaventare dalle oscillazioni procurate dalla volatilità di breve periodo. Inoltre, la contribuzione del Tfr maturando su base mensile o trimestrale, proprio come un piano di investimento programmato, risulta più efficiente soprattutto in fasi di oscillazioni e di cali, perché permette di entrare con gradualità sui mercati e a prezzi più bassi.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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