La guerra dei dazi potrebbe aiutare i mercati di frontiera

Lo scontro commerciale fra Usa e Cina, dicono gli investitori, convincerà molte aziende a spostare le operazioni nei paesi non ancora emergenti.

Marco Caprotti 22/08/2019 | 14:47
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La frontiera frena. Ma, dicono gli investitori, ci sono paesi all’interno del segmento che vale la pena seguire con attenzione. La categoria Morningstar dedicata ai fondi che investono nei paesi non ancora emergenti nell’ultimo mese (fino al 21 agosto e calcolata in euro) ha perso il 2,24%. Una performance che, comunque, gli ha permesso di fare meglio del segmento specializzato sugli azionari dei mercati in via di sviluppo che, nello stesso periodo, ha perso il 5,5%.

Categorie Morningstar Emerging markets e Frontier markets a confronto
Grafico emergenti vs frontiera

Dati in euro aggionati al 21 agosto 2019
Fonte: Morningstar Direct

La guerra dei dazi fra Usa e Cina sembra essere un aspetto determinante nella tenuta dei mercati di frontiera rispetto agli emergenti. “Il sentiment del mercato è diventato negativo a maggio, quando sono emerse preoccupazioni per l’intensificazione della guerra commerciale Usa-Cina dopo la decisione del presidente Donald Trump di imporre un dazio del 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi”, spiega un report di Franklin Templeton. “Indubbiamente, l’aumento delle tariffe impatterà molti produttori cinesi e alcune società stanno già spostando la produzione in altri paesi”.

Vietnam
Uno di quelli che potrebbero beneficiare di questo spostamento è il Vietnam. “Il paese sta diventando un hotspot per le società multinazionali che mirano a una produzione con bassi costi, soprattutto per quelle che vogliono spostare le catene di approvigionamento dalla Cina”, spiega Oliver Bell, gestore del fondo T. Rowe Price Frontier Markets Equity di T. Rowe Price. “Non è difficile capire perché. I costi di retribuzione medi sono inferiori a 250 dollari al mese. Inoltre, il Vietnam può vantare una rete di accordi di libero scambio e una posizione geografica strategica. Mentre sempre più aziende globali guardano al di fuori della Cina, riteniamo che il Vietnam stia beneficiando della conseguente creazione di posti di lavoro, di salari più elevati e di una maggiore domanda per l’immobiliare”.

Nigeria
Un altro paese da tenere sotto la lente secondo Bell è la Nigeria. “La stabilità del prezzo del petrolio è stata cruciale per riportare la Nigeria sul percorso di crescita, insieme al miglioramento dei consumi”, spiega il gestore. “Tuttavia, sebbene il contesto a livello top-down sembri migliore oggi, alcune fragilità restano. Soprattutto in riferimento alla valuta, che deve ancora convergere verso il tasso di cambio ufficiale. Siamo fiduciosi ma incerti sulla capacità del Presidente Muhammadu Buhari di focalizzarsi sul progresso economico nel corso del suo secondo mandato”.

Bangladesh
Anche il Bangladesh sta attraversando cambiamenti importanti. Secondo i dati della World Bank, nel corso degli ultimi 10 anni, il Pil pro-capite è quasi raddoppiato, superando i 1.500 dollari, gli investimenti diretti esteri sono triplicati e le esportazioni sono aumentate quasi del 20%. Inoltre, il tasso di alfabetizzazione degli adulti è salito dal 47% al 73% e la produzione di energia elettrica è triplicata, e raggiunge ora il 90% della popolazione.

“Le riforme economiche potrebbero potenzialmente aiutare il Bangladesh a far evolvere il suo mercato delle esportazioni, via via che la produzione a basso costo lascia la Cina”, spiega Bell. “Inoltre, il Paese ha una fiorente classe media di quasi 19 milioni di persone, che aumenta di oltre il 10% all’anno. Questo ha implicazioni profonde per le prospettive di crescita della maggior parte delle aziende di consumo”.

Nella tabella sotto sono elencati i fondi della categoria Morningstar Global equity frontier markets con l’esposizione netta a Vietnam, Nigeria e Bangladesh.

Tabella fondi frontiera

 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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