Perché lo scontro fra Usa e Cina pesa sulla crescita degli emergenti

L’indebolimento delle valute seguito alla guerra sui dazi darà minori spazi di manovra alle Banche centrali dei paesi in via di sviluppo per operazioni di sostegno alle rispettive economie. 

Marco Caprotti 14/08/2019 | 00:19
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Lo scontro commerciale fra Usa e Cina sta spaventando i mercati emergenti. L’indice Morningstar relativo ai paesi in via di sviluppo in un mese (fino al 13 agosto e calcolato in euro) ha perso quasi il 7% portando a +4% la performance da inizio anno e rendendo più complicato recuperare il -9,1% fatto segnare nel corso del 2018.

Indice Morningstar Emerging Market da inizio anno
Grafico Morningstar Emerging market agosto

Dati in euro aggiornati al 13 agosto 2019
Fonte: Morningstar Direct

In questa situazione gli asset dedicati ai mercati emergenti hanno mostrato atteggiamenti diversi. La categoria Morningstar dedicata all’equity dei paesi in via di sviluppo in quattro settimana ha perso quasi il 7%. Una tenuta maggiore l’hanno dimostrata i segmenti dedicati al reddito fisso. Il comparto riservato ai fodi che investono nel debito emerging in hard currency ha perso lo 0,2%, mentre quello in cui sono raccolti gli strumenti che investono nei bond in valuta locale è sceso dell’1,5% circa.

“Il rallentamento della crescita globale, le politiche accomodanti delle Banche centrali nei paesi sviluppati e il probabile aumento di strategie monetarie non convenzionali, uniti a un contesto di bassa volatilità dei cambi, hanno incrementato i rendimenti dei mercati emergenti dall'ultimo trimestre del 2018”, spiega Michael Vander Elst, Portfolio manager Fixed Income di DPAM. “Molte Banche centrali dei mercati emergenti hanno approfittato di questa opportunità per politiche di riduzione dei tassi al fine di stimolare la crescita”. Questa situazione, tuttavia, potrebbe cambiare.

Lo scontro sui dazi condizione le manovre
Il recente aumento delle tariffe applicate dagli Stati Uniti su altri 300 miliardi di merci cinesi e la reazione del renminbi, che ha rotto il livello molto importante di 7 rispetto al dollaro Usa, hanno portato alla vendita di valute emergenti.

“In un contesto di indebolimento valutario sui mercati emergenti, diventerà sempre più difficile per le Banche centrali dei paesi emergenti stimolare la crescita abbassando i tassi, specialmente nei paesi che importano inflazione tramite il deprezzamento delle valute”, spiega Vander Elst. Le occasioni per ulteriori allentamenti, insomma, potrebbero diventare sempre più scarse.

La ricerca globale di rendimento, con quasi 13mila miliardi di dollari di debito che già mostrano yield inferiori allo zero in tutto il mondo, è fortemente a favore delle obbligazioni dei mercati emergenti e i tassi di interesse reali dei paesi emergenti rimangono a livelli interessanti. La prudenza, tuttavia è d’obbligo. “Un aumento della volatilità delle valute emergenti rende meno appetibile l’investimento sul debito di tali mercati”, spiega il gestore. 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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