L’America fa diventare più prudenti anche i bond

I dubbi sulle manovre della Federal Reserve e l’intenzione di Trump di imporre nuovi dazi alla Cina hanno spinto gli investitori a ridurre l’attività sul reddito fisso.  

Marco Caprotti 07/08/2019 | 16:02
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Tagli dei tassi controversi e nuove tensioni commerciali con la Cina. Insomma gli Stati Uniti si sono messi di prepotenza al centro della scena finanziaria mondiale nelle ultime settimane e hanno costretto gli investitori in bond a giocare sulla difensiva, come mostrano le performance quasi nulle delle diverse categorie Morningstar in cui sono raccolti i fondi che investono nel redditio fisso a livello globale (vedi tabella sotto).

categorie bond

 

E dire che le cose sembravano promettere bene. Sul fronte del costo del denaro, ad esempio, il taglio dei tassi erano nell’aria da tempo. Almeno fin dall’inizio dell’anno, quando la Federal Reserve aveva lasciato intendere un cambio della sua politica monetaria. Il taglio è poi arrivato (25 punti base), ma il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha fatto capire che si aspettava qualcosa di più energico.

I dubbi sui tassi
A complicare le cose sono intervenuti due membri con diritto di vosto del Fomc (il braccio operartivo della Banca centrale Usa). Il numero uno della Fed di Boston e il suo collega di quella di Kansas City hanno fatto sapere di non essere d’accordo con la decisione di tagliare i tassi. “I mercati fino ad allora avevano dato per scontati altri allentamenti nel corso di quest’anno”, spiega Dave Sekera, Managing director dei corporate bond rating e della ricerca di Morningstar Credit Ratings. “Il fatto che due membri del Fomc con diritto di voto abbiano dissentito ha fatto pensare agli operatori che le forbici non saranno più usate, almeno nell’immediato futuro. Senza la prospettiva di ulterioni manovre di allentamento monetario i trader hanno deciso di vendere e mettere da parte i guadagni realizzati in questa parte dell’anno”.

Il quadro ha avuto ulteriori sviluppi quando il presidente Trump, in uno dei suoi innumerevoli tweet ha parlato di possibili nuove tariffe su beni di importanzione dalla Cina per circa 300 miliardi. “Dopo una fase di relativa calma, il ritorno e l’allargamento della guerra commerciale ha rinnovato i timori che gli Stati Uniti non siano in grado di tenere alla larga il contagio dai problemi che stanno interessando l’Europa e l’Asia”, dice Sekera. 

La questione dei tassi di interesse e delle incertezze politiche hanno fatto la loro parte anche nel Vecchio continente. “Stretti fra l’indebolimento della crescita nell’Unione europa e la possibilità di un hard Brexit (un’uscita del Regno Unito dall’Ue senza accordi commerciali, Ndr), gli investitori si aspettano che la Bce attui una politica monetaria ancora più estrema”, dice Sekera. Una eventualità tutt’altro che remota dopo che il presidente della Bce, Mario Draghi, in seguito all’ultima riunione dell’istituto ha detto che l’Eurotower è aperto alla possibilità di nuovi tagli.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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