I falsi porti sicuri

Bitcoin, vino, e diamanti spesso vengono proposti come investimenti che possono proteggere il portafoglio come e meglio dei classici safe haven. Ecco perché è meglio fare attenzione.

Marco Caprotti 17/04/2019 | 09:36
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Attenzione al porto sicuro dove si decide di riparare il portafoglio. Con una certa regolarità ai risparmiatori vengono proposte alternative di investimento definite “sicure” con lo scopo di diversificare e proteggere il portafoglio, soprattutto nei momenti in cui i mercati azionari e obbligazionari sono più agitati. Le ultime in ordine di tempo sono le criptovalute. In particolare, il Bitcoin da molti definito “il nuovo oro”. Proprio per capire il suo utilizzo come safe haven Morningstar, ha messo a confronto le caratteristiche del metallo giallo con quelle della più famosa moneta virtuale.

Oro
Liquidità: “Il mercato dell’oro è molto liquido sia per il prodotto fisico che per i titoli ad esso legato”, dice Kristoffer Inton, analista di Morningstar. “Il suo valore è riconosciuto universalmente. La liquidità, quindi, non conosce barriere geografiche”.

Utilizzo funzionale: “La gioielleria è il settore principale nel quale viene utilizzato e pesa per più della metà della domanda globale”, spiega l’analista. “Un altro 10% di richiesta arriva dalle industrie. Quindi possiamo dire che l’oro ha anche un aspetto funzionale”.

Scarsità di offerta: “Si tratta di un prodotto minerario e non ci sono molti siti da cui estrarlo”, dice Inton. “Nel corso del tempo l’oro diventerà sempre più difficile e costoso da estrarre”.

Certezza della domanda in futuro: “Di solito quando si parla di commodity è difficile fare previsioni sull’andamento del loro valore”, dice Inton. “L’oro però ha una lunga storia come materiale di gioielleria e da sempre tutte le culture ne riconoscono il suo valore”.

Persistenza: “L’oro non si corrompe, non si ossida, non marcisce e richiede poca manuntenzione”, dice l’analista.

Bitcoin
Liquidità: “I volumi sembrano essere forti abbastanza da offrire liquidità”, dice l’analista. “Andando nel dettaglio, tuttavia, si nota che giornalmente viene trattato lo 0,5% dei Bitcoin esistenti. Per l’oro siamo al 3%”.

Utilizzo funzionale: “Il blockchain sta semplificando un po’ le cose, ma l’utilizzo del Bitcoin resta ancora limitato e il suo futuro è incerto”, dice Inton. “Anche perché, mediamente, per completare una transazione ci vogliono più di otto minuti. L’oro, tra l’altro, può anche essere utilizzato al di fuori dei circuiti finanziari e di pagamento, mentre la criptovaluta no”.

Scarsità di offerta: “C’è un numero massimo di Bitcoin che possono essere creati”, dice l’analista. “Da questo punto di vista la criptovaluta offre maggiori garanzie dell’oro”.

Certezza della domanda futura: “Il futuro della richiesta di Bitcoin è legato al successo dell’uso del blockchain (leggi qui per un approfondimento) e al fatto che questa divisa virtuale diventi la moneta di riferimento”, dice Inton. “Le potenzialità del blockchain convincono molti operatori. C’è incertezza, però, su quale criptovaluta diventerà quella più utilizzata”.

Persistenza: “Essendo di fatto un codice creato da computer non esiste la possibilità che possa deteriorarsi” dice l’analista.

“Secondo la nostra analisi è difficile che la criptovaluta possa spostare gli investimenti di chi è alla ricerca di un porto sicuro facendoli venire via dall’oro”, dice Inton. “Sul mercato ci sono molti altri asset che potrebbero essere più interessanti in questo senso”


porti sicuri

Attenti al vino
Più complesso il discorso del vino, un settore da molti considerato un porto sicuro. Qui il ragionamneto va diviso in due: l’investimento nelle società produttrici di vino quotate in Borsa e le bottiglie. Per quanto riguarda il primo universo, il settore (secondo una ricerca dell’Area studi di Mediobanca) si comporta meglio degli indici azionari mondiali. Ma bisogna fare attenzione. Dal 2001 a oggi (dati aggiornati al 19 marzo) l’indice realizzato da Mediobanca (che ha come componenti 55 società quotate in tutto il mondo) è cresciuto del 354% a fronte del +163% dei listini globali nello stesso periodo. L’indice è total return (cioè inclusivo dei dividendi) e applica un tetto massimo ai due big (l’americana Constellation Brands e la sudafricana Distell Group) per tenere conto dell’incidenza del business vino sul fatturato totale dei due gruppi. L’indice delle società del vino fa anche meglio dell’Msci Food Products (+253%) e supera l'Msci Beverage.

Secondo lo studio di Mediobanca, tuttavia, scommettere sul vino in Borsa non conviene su tutti i mercati e in tutti i periodi. Dal 2001 a oggi, gli exploit rispetto agli indici generali di Borsa sono arrivati soprattutto nei confronti dei listini nordamericani (+1.300% a fronte del +205% delle Borsa) e in Australia (+833% contro +330%), mentre il raffronto è negativo in Cina e Cila. Nel primo trimestre 2019, a fronte del rally a doppia cifra delle Borse mondiali, le quotate del vino considerate dal paniere Mediobanca hanno realizzato un timido +6%.

C’è poi la questione delle bottiglie. I numeri sembrerebbero consigliare un investimento di questo tipo. Secondo la piattaforma inglese Liv-Ex (che analizza domanda e offerta dei vini di qualità), i primi 100 brand del vino mondiale hanno avuto nel 2018 un incremento medio del prezzo del 14%. La performance migliore è quella dei vini di Borgogna, +23% a un prezzo medio (per i 29 marchi rappresentati) di 4.065 sterline per cassa. I Bordeaux rappresentati hanno registrato un +9% con un prezzo medio di 2.728 sterline, mentre i vini italiani hanno segnato un +13% con un prezzo medio di 1.550 sterline per cassa. Lo Champagne ha avuto un prezzo medio di 1.979 sterline (+14%). Sottotono la performance dei vini del Rodano, +7%, 1830 sterline. Per l’Italia il primo nel 2018 è Gaja al posto 27, con 50 vini trattati, un incremento del 12% a 932 sterline per cassa. Segue al 29esimo posto Sassicaia con 25 annate trattate e un prezzo medio di 1.282 sterline (+8%).

Andamento storico prezzi per tipologia (base 2009=100)
vino

Fonte: Liv-Ex

Le bottiglie allora sono un porto sicuro? La risposta è no, mancando l’utilizzo funzionale (difficile pagare con bottiglie di vino), la certezza della domanda futura e la persistenza (il vino può andare a male e le bottiglie rompersi).

E i diamanti?
I diamanti da investimento appartengono alla fascia qualitativa più elevata nella scala di classificazione internazionale delle pietre preziose. Il loro valore è certificato da laboratori specializzati, mentre il prezzo non ha un fixing ufficiale, ma è possibile verificarlo su alcuni listini di riferimento, come il Rapaport price list o l’International diamond exchange, utilizzati dai grossisti. 

Ma ci sono delle trappole. Nei mesi scorsi, per dirne una, Banco Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Banca Aletti sono state accusate di aver truffato i propri clienti insieme alle società di intermediazione Intermarket Diamond Business spa (IDB) e Diamond Private Investment spa (DPI). I diamanti sono da evitare? Molto dipende dalla Cina e da come ci si approccia all’investimento. “Al momento i diamanti in Cina non hanno lo stesso appeal culturale che hanno in altri paesi”, spiega Mathew Hodge, analista di Morningstar. “Se le spose cinesi, al pari di quelle americane o giapponesi, dovessero iniziare a vedere gli anelli di diamanti come un oggetto da avere, allora le potenzialità di apprezzamento delle pietre sarebbero incredibili”. Dal punto di vista operativo, in questo caso, l’analista suggerisce di avere in portafoglio, al posto delle pietre, un titolo: Anglo American. “La società controlla l’85% della De Beers e questo ne fa il più grande estrattore di diamanti del mondo”, spiega in un report del 27 febbraio 2019. “E’ quindi nella posizione migliore per sfruttare un eventuale upside della domanda cinese che, attualmente, si attesta al 10% di quella globale”.

 

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Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Anglo American PLC2.168,50 GBX3,51Rating
Constellation Brands Inc Class A257,31 USD-0,18Rating

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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