Per le oil company efficienza fa rima con valore

Se il barile cala a picco l’unico modo per continuare a investire nell’energy, dicono gli analisti di Morningstar, è puntare sui produttori efficienti. Continental Resources e Diamondback Energy, aggiungono, sono tra le compagnie petrolifere americane in grado di estrarre petrolio ai costi più bassi del mercato.

Francesco Lavecchia 27/11/2018 | 16:13
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Continental deve la sua profittabilità superiore alla media all’elevata efficienza operativa, agli investimenti nelle nuove tecnologia estrattive, ma soprattutto alla vantaggiosa ubicazione dei suoi centri estrattivi. L’azienda ha i suoi principali siti produttivi di petrolio di scisto nella regione del Bakken, nel North Dakota, ed essendo una delle prime ad aver investito in questa regione è riuscita ad aggiudicarsi alcuni dei giacimenti più interessanti a prezzi ragionevoli. Ha evitato investimenti troppo onerosi come successo per gli operatori che sono entrati sul mercato dopo il boom dello shale oil.  

In base alle stime prudenziali dell’azienda, lo sfruttamento dei siti migliori sarà completato entro i prossimi 10 anni e solo tra 20 anni sarà esaurito il lavoro di esplorazione in tutta l’area di competenza. Continental è presente anche in Oklahoma dove, grazie all’applicazione di tecniche di perforazione orizzontale e del fracking, ha la possibilità di sfruttare questi siti per molti decenni ancora. L’azienda è in grado di produrre in utile anche in fasi di mercato caratterizzate da un basso prezzo del petrolio e questo le consente di battere la concorrenza e di essere, in prospettiva, anche un’opzione interessante per investitori in cerca di dividendo.

In base alle previsioni degli analisti, che nel lungo periodo indicano un prezzo medio del barile quotato sul WTI pari a 55 dollari, Continental dovrebbe essere in grado di mantenere un margine operativo costantemente sopra il 30% nei prossimi cinque anni. Negli ultimi tre mesi il titolo ha perso oltre il 31% (in dollari Usa al 23 novembre 2018) e ora è scontato del 25% rispetto al fair value di 60 dollari (report aggiornato al 13 novembre 2018).

Diamondback e il Moat costruito sull'efficienza 
Diamondback Energy ha utilizzato la quotazione in Borsa per dare una spinta decisiva alla sua crescita. I capitali raccolti sono stati investiti per finanziare nuove acquisizioni (come ad esempio Energen nel 2018) e questo le ha permesso di diventare una delle più grandi compagnie attive nel bacino Permiano. 

“L’azienda si è sempre dimostrata capace di mantenere bassi i costi operativi e ci aspettiamo che anche nel futuro la sua struttura rimanga snella e la gestione continui a essere efficiente nonostante gli sforzi per il consolidamento delle società acquisite. Diamondback Energy ha costruito il suo Moat sul vantaggio di costo rispetto ai competitor. Inizialmente questo derivava dal favorevole posizionamento dei suoi centri estrattivi e dall’adozione delle nuove tecnologie per l’estrazione di greggio. A questo si è aggiunto recentemente il beneficio prodotto dalle elevate economie di scala”, dice Dave Meats analista azionario di Morningstar. “Il gruppo è molto solido dal punto di vista finanziario e gli elevati flussi di cassa generati dall’attività operativa ci fanno ipotizzare che possa essere in grado di continuare a estrarre greggio in maniera profittevole in contesti di mercato ancora più sfavorevoli rispetto agli attuali”. Il titolo è scambiato al momento attorno ai 110 dollari, a un tasso di sconto del 27% rispetto al fair value di 148 dollari (report aggiornato al 13 novembre 2018).

 

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Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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