Cosa c’è in pancia ai fondi multimanager

Uno studio di Morningstar rivela la presenza di comparti molto popolari tra gli investitori. Prevalgono i prodotti della casa. Le gestioni del tutto passive sono poche.

Sara Silano 21/06/2018 | 09:20
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La diversificazione non è solo per asset (azioni, obbligazioni, ecc.), per aree geografiche o settori, ma anche per gestori. I fondi multimanager, infatti, non sono altro che comparti che cercano di migliorare l’efficienza del portafoglio attraverso la selezione di manager diversi. L’idea è di scegliere degli specialisti nel loro segmento, con approcci poco correlati tra loro, in modo da migliorare il profilo di rischio/rendimento complessivo. Questo approccio espone, però, al rischio che deriva dalle scelte del singolo professionista, frutto delle sue esperienze e capacità.

Morningstar stima che in Europa ci siano circa 1.600 fondi multimanager attivi nelle categorie bilanciate. Si tratta, dunque, di un segmento significativo dell’industria del risparmio. Cosa hanno in portafoglio? Un’analisi, condotta da Francesco Paganelli, analista del Manager research team di Morningstar, a fine 2017, sui 100 strumenti più grandi di questo tipo, rivela la presenza in totale di migliaia di titoli differenti, tra quote di altri fondi, Exchange traded fund e azioni. Nel dettaglio, ci sono circa 200 diversi Etf, oltre 1.500 comparti e 600 titoli azionari.

Fondi flagship e Etf emergenti
Come si può vedere nella tabella qui sotto, tra i fondi più utilizzati dai gestori multimanager ce ne sono diversi che negli ultimi anni sono stati molto popolari tra gli investitori, come Nordea 1 Stable Return, che ha un Analyst rating pari a Bronze (report di Matias Möttölä del 4 agosto 2018) ed è secondo per peso medio nei portafogli analizzati. Fra gli Etf, è significativa la presenza di strumenti specializzati sui mercati emergenti, sia obbligazionari sia azionari. Infine, è da notare il peso dei titoli europei sul totale dell’equity.

Cosa c'è dentro i fondi multimanager

Tanti prodotti della casa
“La lista degli asset manager più utilizzati riflette il fatto che molte case impiegano solo i prodotti propri e non quelli di terzi”, spiega Paganelli. “E’ il caso di Amundi, Deutsche AM e KBC”. Se da un lato questo approccio ha il vantaggio di costi inferiori e maggiori informazioni a disposizione, dall’altro può togliere flessibilità e opportunità di selezionare le migliori strategie.

L’analisi rivela che il 33% dei comparti alloca almeno il 50% del portafoglio in prodotti della casa ed è molto raro trovare strumenti con soli fondi di terzi. Molti operatori hanno un approccio misto, che permette di prendere il meglio da entrambi gli universi.

Pochi Etf
E’ ancora poco diffuso, invece, l’uso di Etf, nonostante rappresentino un’opportunità a basso costo, che fornisce un’esposizione “pura” al mercato di riferimento, ossia non influenzata da scelte attive di gestione. “Pochi sono del tutto passivi”, continua Paganelli. “E solo 14 su 100 destinano a questi strumenti più del 30% del patrimonio. Abbiamo stimato che la metà ha meno del 5% in index fund. Infine, la maggior parte non detiene strategic beta”. Eppure se si guardano i costi, sono proprio i multimanager passivi ad essere i più convenienti, un aspetto che va tenuto in considerazione quando si valutano le opportunità di performance.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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