Anche il gestore attivo europeo ha i suoi dolori

Molti strumenti active venduti in Europa, come accade in Usa, vanno peggio dei concorrenti passivi che costano meno e, dicono i numeri, offrono maggiori garanzie di successo nel lungo periodo. 

Marco Caprotti 12/10/2017 | 09:53
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Se il gestore attivo Usa piange, quello europeo non ride di certo. “I tifosi dell’active management hanno detto per anni che la gestione passiva poteva dare buoni risultati ma solo in determinati periodi e in certi contesti, negando di fatto la sua validità a livello globale”, spiega John Rekenthaler, vice presidente della ricerca di Morningstar. “In passato abbiamo visto quali sono i problemi della gestione attiva negli Stati Uniti. Ora vediamo che anche quella in Europa ha dilemmi con cui fare i conti”.

Il metodo più semplice per misurare il buon risultato di un gruppo di fondi gestiti attivamente è quello di vedere quanti hanno battuto i diretti concorrenti passivi. Un calcolo che Morningstar chiama Success rate (tasso di successo). “Se il risultato è superiore al 50%, il gruppo di fondi active in questione giustifica la propria esistenza. Se è inferiore, invece, no”, dice Rekenthaler.

TASSO DI SUCCESSO
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Dalla tabella in alto emerge che, nelle diverse categorie Morningstar, molti fondi attivi venduti in Europa hanno fatto peggio dei loro concorrenti passivi sia prendendo in considerazione un periodo di tre anni, ma anche di cinque, 10 e 15. Questo vale per i prodotti azionari, per quelli obbligazionari e per quelli geografici. E anche quando hanno fatto meglio (come evidenziato dalle categorie a cui corrisponde il colore verde), sono riusciti a superare di poco il tetto del 50%. “Uno dei segmenti che ha fatto peggio è quello dell’azionario Usa”, dice Rekenthaler. “Questo sembra confermare la credenza comunque che il mercato equity americano sia ormai diventato estremamente efficiente, riducendo in questo modo le opportunità per chi fa active management”.

Più costi, meno valore
Sempre più investitori, intanto, si stanno rendendo conto che nel mondo dei fondi di investimento, a differenza che in altri settori, non si ottiene maggior valore se si paga di più ma, al contrario, si intasca rendimento extra anche in base a quanto meno si spende. “Questo vale sia per i fondi venduti in America che per quelli distribuiti in Europa”, dice Rekenthaler. “Acquistare prodotti che sono nel quintile più basso della loro categoria in termini di costi, la maggior parte delle volte fa la differenza quando si parla di rendimento a vantaggio dell’investitore”.

Costi e tasso di successo
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La tabella in alto mostra come, ad esempio, nemmeno uno dei fondi attivi più costosi nella categoria U.S. Large blend o in quella svizzera abbia avuto successo rispetto ai concorrenti passivi. In altri universi il Success rate non è arrivato alla doppia cifra. La morale? “Comprare un fondo a gestione attiva, soprattutto se caro, quasi certamente si rivelerà uno sbaglio”, dice Rekenthaler “E’ come tentare la sorte al gioco con le carte sbagliate: a volte può funzionare, ma si tratta sempre di una mossa troppo azzardata. Soprattutto se si vuole restare al tavolo a lungo”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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