Le strategie a bassa volatilità non sono esenti dal rischio

Una recente analisi di Morningstar mette in luce i pericoli legati agli investimenti “low volatility”, tra gli approcci più seguiti del momento.

Valerio Baselli 14/06/2017 | 14:28
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Bassa volatilità non è per forza sinonimo di basso rischio. I fondi low volatility hanno conosciuto un notevole successo negli ultimi anni e gli investitori stanno cominciando a conoscere meglio queste strategie, anche i loro “lati oscuri”. Se infatti è vero che in media i portafogli azionari a bassa volatilità hanno prodotto sul lungo termine un rendimento aggiustato per il rischio più elevato rispetto ai portafogli con azioni ad alta volatilità, è altrettanto vero che sono solo dieci anni che questa strategia d’investimento ha decollato in Europa.

Secondo uno studio Morningstar dal titolo Low volatility: searching for a durable edge, l’offerta in Europa è passata da una dozzina di prodotti a 89 a fine 2016, di cui 63 fondi tradizionali e 26 Exchange traded fund (Etf). Morningstar stima inoltre in quasi 40 miliardi di euro il patrimonio gestito in Europa in strategia a bassa volatilità a fine 2016, di cui circa 6 miliardi in strumenti passivi.

I rischi nascosti: basarsi solo sui dati passati
“Se le strategie a bassa volatilità sono diventate popolari tra gli investitori avversi al rischio, esse non sono certo prive di rischio”, afferma Mathieu Caquineau, analista di Morningstar, tra gli autori dello studio. “Al contrario, le strategie a bassa volatilità tipicamente sostituiscono il rischio di mercato con l'esposizione ad altri rischi potenzialmente indesiderabili”. Tra le potenziali insidie degli investimenti a bassa volatilità c’è la dipendenza sui dati passati. In effetti, si potrebbe mettere in discussione l'uso della volatilità storica come indicatore del rischio atteso, anche se le correlazioni non vengono ignorate. La volatilità passata non tiene conto di altre informazioni che possono essere importanti sulla rischiosità di una società e non vi è alcuna garanzia che i titoli meno volatili storicamente rimangano tali.

Occhio alla concentrazione
Inoltre, i portafogli a bassa volatilità hanno un'elevata sensibilità alle stime di correlazione e possono quindi portare un rischio di concentrazione significativo, come rispecchiano i forti sovrappesi nei settori difensivi come i beni di consumo o le utility. “È per questo che le strategie a bassa volatilità gestite attivamente incorporano misure aggiuntive di rischio, sia macro che aziendali, nella valutazione dei rischi, o applicano indicatori di rischio e rendimento futuri nel loro approccio di selezione dei titoli”, spiega Caquineau. In genere vengono evitate sovraponderazioni di settori, regioni, o singoli titoli, limitando le esposizioni dei fattori di rischio e introducendo fattori quali la valutazione o il “momentum” nel processo di selezione azionaria.

Ignorare le valutazioni
Incappare in valutazioni eccessive è un altro rischio che incombe, soprattutto nella gestione passiva. Le strategie a bassa volatilità che si concentrano solo sulla volatilità storica non tengono conto della valutazione. In alcuni periodi, le azioni a bassa volatilità diventano più costose perché gli investitori avversi al rischio preferiscono le loro caratteristiche difensive e la loro stabilità. La tabella seguente mostra che in media, i portafogli a bassa volatilità sono più cari del benchmark di riferimento nelle diverse macro categorie geografiche.

LV 1

Costi elevati
Le strategie low volatility possono essere associate a un più alto turnover di portafoglio, con conseguente innalzamento dei costi di negoziazione. Per prevenire gli scambi eccessivi, la maggior parte delle strategie attuano vincoli con lo scopo di minimizzare i movimenti in portafoglio, ad esempio modificando le frequenze dei ribilanciamenti, o incorporando i costi di transazione nelle valutazioni azionarie.

Sensibilità ai tassi d’interesse
Recentemente, il rischio di tasso d’interesse è apparso sul radar dei fondi a bassa volatilità. Le azioni di questo tipo, infatti, hanno flussi di cassa relativamente stabili perché tendono a essere meno dipendenti dai cambiamenti economici o perché operano in industrie fortemente regolamentate. Quando i tassi d’interesse scendono, le strategie a volatilità minima tendono a battere il mercato. Allo stesso modo, quando i tassi salgono, questi approcci iniziano a sottoperformare.

Detto questo, le strategie a bassa volatilità gestite in modo attivo sono sempre più al di là del concetto tradizionale di “varianza minima” e utilizzano modelli che riconoscono le diverse fonti di rischio a cui sono esposti. Questi modelli dovrebbero potenzialmente essere in grado di ridurre il rischio in modo più efficace e meglio adattare le loro partecipazioni a un mutevole ambiente di mercato, rispetto alle semplici strategie che si basano sulla volatilità storica.

Di seguito l’elenco dei fondi attivi a bassa volatilità coperti dalla ricerca qualitativa di Morningstar.

LV 2

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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