La frontiera alza il muro contro Trump

I paesi non ancora emergenti, dicono gli analisti, non temono la volatilità: sono slegati dal resto del mondo e possono contare su un forte mercato – anche finanziario – domestico. I fondi che offrono la difesa migliore sono quelli esposti all’Argentina. Ma occhio ai costi.  

Marco Caprotti 02/02/2017 | 09:47
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I paesi di frontiera non sono spaventati da Donald Trump. O, per lo meno, non sembrano temere il nervosismo che le politiche protezionistiche del nuovo presidente degli Stati Uniti, potrebbero innescare sui mercati meno sviluppati. “I mercati frontier possono rappresentare una sorta di porto sicuro per due motivi”, spiega Karen Kwock, analista di Morningstar. “Primo: i loro rapporti commerciali con il resto del mondo sono ancora limitati. Secondo: sia a livello di vendite che a livello di azionariato le aziende possono contare su una solida base di acquirenti domestici”. Dall’8 novembre (giorno dell’inattesa elezione di Trump), l’indice Msci dedicato ai mercati non ancora emergenti ha guadagnato quasi l’8% in euro.

“In generale i mercati frontiera sono un investimento che ha scarsa volatilità”, continua l’analista. “Le singole economie non sono legate l’una all’altra e, a parte alcune eccezioni, come ad esempio il Vietnam, la loro congiuntura non dipende da quella di paesi esteri”. In questo senso uno dei mercati più interessanti in ottica anti-Trump è l’Argentina. “La sua economia ha pochi legami con quella Usa”, dice Kwock. “In generale presenta una buona combinazione fra crescita economica, profilo demografico e offerta di commodity”.

Occhio ai costi
L’unico fondo della categoria con analyst rating (pari a Neutral) è Templeton Frontier Markets N Acc EUR (due stelle) che, dal giorno delle elezioni Usa (fino al 27 gennaio 2017), ha guadagnato quasi il 7%. “Il fondo adotta gli stessi processi di investimento che vengono utilizzati per i comparti Templeton dedicati agli emergenti”, spiega Germaine Share, fund analyst di Morningstar in un report del 21 novembre 2016. “L’obiettivo è identificare i titoli che trattano a sconto rispetto al loro valore intrinseco. Elementi quantitativi e qualitativi come il rapporto fra prezzo e valore di libro e la liquidità sono utilizzati per arrivare a un universo di circa 5.500 titoli di frontiera”.  L’equity argentino rappresenta il 5,7% degli asset in gestione. Il fondo, tuttavia, con spese correnti del 3% è il più caro della sua categoria fra quelli venduti in Italia.

Dal punto di vista dei costi e della presenza di azioni argentine, il fondo più interessante sembra Schroder ISF Frontier Markets Equity B (3 stelle). Dal giorno dell’elezione di Trump (fino al 27 gennaio 2017) il portafoglio ha guadagnato quasi il 10%. Il gestore investe principalmente in titoli big e mid con una preferenza per quelli value (dati al 30 novembre 2016). Fra gli strumenti venduti in Italia, è uno di quelli che ha la quota maggiore (15,7%) di attivi equity legati all’Argentina. A livello di costi, le spese correnti sono del 2,68%.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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