La frontiera sa dove aggrapparsi

I mercati non ancora emergenti del Latam hanno approfittato del risveglio delle materie prime. L’Africa non è riuscita. L’Asia fa fatica a muoversi tutta insieme. 

Marco Caprotti 22/12/2016 | 09:50
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Ripresa delle commodity che ha aiutato i paesi che da esse dipendono e i gestori che le hanno sovrappesate, decorrelazione dai paesi sviluppati e un certo appetito per il rischio. Sono alcuni dei motivi per i quali gli investitori che hanno puntato sui mercati di frontiera devono dire grazie. Anche per merito di questi elementi, infatti, i paesi non ancora emergenti, a livello di categoria Morningstar (in media e in euro), hanno battuto il benchmark (l’indice Msci Frontier) non solo nell’ultimo mese (+2,4% contro 0,80%), ma anche da inizio anno (+12,19% e +7,4%).

INDICE MSCI FRONTIER DA INIZIO ANNO

frontieraGrafico

 

Dati in euro
Fonte: Morningstar Direct

Il Latam corre
Come gli emerging, anche i frontier non possono essere considerati un unico blocco, tuttavia è possibile tentare delle categorizzazioni. L’America latina e la regione caraibica, ad esempio, sono state fra le regioni sia nell’ultimo mese che da inizio anno con rendimenti medi che hanno toccato (in valuta locale) anche il 26%. Merito, soprattutto del rimbalzo del prezzo dei metalli che ha dato una spinta, in particolare, al Cile e al Perù. Da sottolineare che, per colpa dello stesso motivo, il Latam è stato il peggior performer del 2015.

Asia a due facce
L’Asia di frontiera da parte sua ha mostrato due facce. La parte sud è stata guidata dalle performance stellari di Nepal e Pakistan che continuano una corsa iniziata cinque anni fa. Il secondo paese in particolare, ha ricevuto nuova attenzione da quando Morgan Stanley l’ha messo nel radar per l’inserimento negli indici Msci dedicati agli emergenti. La zavorra l’ha fatta la regione di sud-est. Cambogia e Laos hanno pagato un po’ di disinteresse da parte degli investitori mentre la Birmania è stata zavorrata dai cali dell’unico grande titolo del suo listino (First Myanmar Investment). Il paese, tuttavia, potrebbe essere messo sotto la lente dopo che gli Usa nelle settimane scorse hanno tolto le sanzioni economiche imposte in passato per violazioni dei diritti umani.

L’Africa frena
La vera sorpresa negativa dei mercati di frontiera è stata l’Africa, nonostante il tentativo di recupero dell’ultimo mese (mostrato anche dal +0,6% della categoria Morningstar dedicata al Continente nero). Una debolezza ancora più curiosa se si considera che molte delle economie della regione dipendono dalle commodity. Una spiegazione è che la maggior parte delle società minerarie che operano nella regione non sono imprese locali e hanno i titoli quotati, principalmente nei paesi sviluppati.

Il Medio Oriente non ha regalato grandi soddisfazioni. L’unica notizia di rilievo l’ha data l’Arabia Saudita quando ha annunciato l’apertura del mercato equity agli investitori stranieri a la quotazione di Saudi Aramco, la principale società petrolifera del paese.

Tra i fondi venduti in Italia specializzati nei mercati di frontiera, l’unico con cinque stelle Morningstar è BMO LGM Frontier Markets B Acc. Il portafoglio è investito principalmente in piccole e medie aziende dei mercati di frontiera fra cui vengono sovrappesati i beni di consumo, sia ciclici che difensivi. A livello geografico l’esposizione maggiore è all’Africa e all’Asia.

ESPOSIZIONE GEOGRAFICA DEL FONDO

atlas

Fonte: Morningstar Direct

Più orientato verso aziende medio-grandi è HSBC GIF Frontier Markets EC (quattro stelle). Anche qui il focus geografico è soprattutto su Asia e Africa. A livello settoriale il sovrappeso è soprattutto verso i materiali di base e le utility.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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