Perché il 2016 è l’anno del debito emergente

Da gennaio si sono registrati flussi record verso questa asset class, dopo un terribile 2015. Nel quinquennio, ci sono stati alti e bassi, non sempre spiegati dalle performance.

Sara Silano 24/11/2016 | 09:22
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Nel 2016, i flussi di investimento si sono diretti verso i mercati emergenti con un’intensità che non si vedeva da anni. Nel terzo trimestre, la categoria Morningstar Global emerging market debt (in valuta forte) ha raccolto 8,2 miliardi di euro netti, superando il record del 2014 quali tre mesi. Nello stesso periodo i comparti in valuta locale hanno segnato +5,1 miliardi.

Gli investitori europei si sono lasciati attrarre dai rendimenti generati dalle aree in via di sviluppo, non solo sul fronte obbligazionario, ma anche azionario. La categoria Equity global emerging market, infatti, ha registrato flussi netti per 8,2 miliardi nel terzo trimestre, un tasso di crescita che non si vedeva dal 2012.

Crescita dei flussi nei fondi emergenti

Un terribile 2015
Nonostante l’anno non sia ancora terminato e l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti abbia accentuato la volatilità di questo settore, le categorie specializzate sugli emergenti possono già essere considerate come la vera sorpresa del 2016. Non era scontato a gennaio, soprattutto nel segmento del reddito fisso. Nel 2015, i comparti specializzati sul debito emergente globale (in valuta forte) hanno subito riscatti netti pari a 3,5 miliardi, quelli in divisa locale per 6,7 miliardi e quelli sui corporate bond per 2,7 miliardi. In effetti, le ragioni per stare alla larga dalle aree in via di sviluppo non mancavano, dalla debolezza di alcune importanti economie e piazze finanziarie come quella cinese e brasiliana, al calo del prezzo del petrolio, alle politiche monetarie della Federal Reserve e alle sanzioni alla Russia.

2016, la svolta
Nel 2015, tutte le categorie obbligazionarie emergenti avevano registrato rendimenti negativi (in valuta base), allontanando gli investitori. Nel 2016, lo scenario si è capovolto ed è tornato l’appetito per il rischio tipico delle aree in via di sviluppo. “La riduzione dell’inflazione, in particolare nell'area delle commodity, è stata fonte di grande ottimismo”, spiega Simon Lue-Fong, responsabile Emerging debt di Pictet asset management, “poiché offre alle banche centrali maggiori opportunità di allentare la politica monetaria. Lo scorso anno le autorità monetarie dovevano fare i conti con l’aumento dell’inflazione e la svalutazione delle divise, un circolo vizioso che le costringeva ad alzare i tassi nonostante il rallentamento congiunturale. Da allora, si è verificata una svolta nel ciclo economico. Le valute si sono apprezzate e l’inflazione è diminuita consentendo alle banche di tagliare i tassi e stimolare la crescita”.

Flussi e rendimenti
I cambi di direzione, in effetti, sono ricorrenti nella storia di questa classe di attività. Dal 2010, i fondi in valuta forte non hanno avuto due anni consecutivi nella stessa direzione in termini di flussi di investimento. Nello stesso periodo, quelli in divisa locale hanno sempre registrato una raccolta netta positiva, con l’eccezione del 2015.

I flussi hanno seguito i rendimenti? Non proprio. Se guardiamo l’andamento dell’indice JPM GBI-EM Global diversified in valuta locale, dal 2010 al 2015 è stato il peggior benchmark obbligazionario quattro volte su sei. Per contro, il JPM EMBI Global in dollari è stato il secondo migliore nel 2011, 2012, 2014 e 2015. Dal punto di vista dell’investitore europeo, scegliere tra fondi in dollari o in divisa locale non è sempre semplice, perché in entrambi i casi ci sono dei rischi. Ad esempio, le emissioni in moneta statunitense aumentano l’onere del debito quando la valuta locale si sta svalutando; quest’ultima, però, comporta altri rischi finanziari e macro-economici.

Rendimenti indici obbligazionari

Perché gli emergenti
In un contesto globale di bassi tassi di interesse, gli investitori vanno a caccia di rendimenti nelle aree emergenti. “I ritorni (yield) delle obbligazioni decennali dei paesi sviluppate sono ai minimi storici”, spiegano gli economisti di Morningstar. “In alcuni stati, come la Germania, la Svizzera e il Giappone sono addirittura negativi. Anche il debito emergente è a livelli storicamente bassi; tuttavia, essendo più rischioso, ha yield superiori”.

Rendimenti governativi decennali

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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