Chi ha paura dei prezzi Usa

L’inflazione americana mostra qualche segno di risveglio. Una buona notizia per l’economia a stelle e strisce. Ma gli investitori cercano protezione. E le commodity non bastano più. 

Marco Caprotti 11/05/2016 | 12:06
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E se arrivasse l’inflazione? Il dubbio che qualcosa sul fronte dei prezzi stia accadendo è forte soprattutto negli Stati Uniti e gli investitori iniziano a pensare a come proteggersi. I prezzi al consumo in Usa sono passati da una discesa dello 0,1% nel febbraio del 2015 (rispetto all’anno precedente) a una crescita dell’1% nello stesso periodo del 2016. La numero uno della Federal Reserve, Janet Yellen ha già detto che intende verificare se questa crescita sia un fenomeno destinato a durare prima di agire di nuovo sui tassi di interesse. Il rischio è che le pressioni deflazionistiche in altri paesi del mondo possano alla fine arrivare anche in America e invertire di nuovo il processo. Dal 2012 la Banca centrale americana ha detto che punta a un livello di inflazione minimo del 2%.

Dove si vede l’inflazione
Un sistema utilizzato dagli economisti per capire se veramente i prezzi al consumo si stiano muovendo in quella direzione è quello di leggere attentamente il grafico sull’andamento dell’inflazione. Statisticamente un aumento di un quarto di punto dell’indicatore in un determinato trimestre porta a un altro incremento nei tre mesi successivi (anche se l’effetto, con il passare del tempo, tende a disperdersi). Altri guardano la Curva di Phillips che mette in relazione l’andamento dell’inflazione con il tasso di disoccupazione: quando il secondo scende, la prima aumenta. Ma anche questo sistema non è preciso. La Fed utilizza un indicatore chiamato Personal consumption expenditur (Pce). Si tratta di una versione modificata del più famoso Consumer price index (Cpi). La differenza sostanziale è nei beni e servizi che vengono presi in considerazione. Nel primo caso il paniere riesce a seguire in maniera più tempestiva l’evoluzione dei consumi delle famiglie, mentre nel secondo tende a essere più statico. L’ultima lettura dell’indicatore mostra un leggero raffreddamento dei prezzi al consumo, ma non tiene in considerazione l’inflazione (o la deflazione) che può essere importata.

Occhio al value
Al di là dei ragionamenti da economisti, cosa devono fare gli investitori per proteggersi da un eventuale aumento dei prezzi al consumo Usa? Una risposta che vada bene per tutti non esiste. Le variabili da tenere in considerazione sono molte e vanno dalla durata dell’investimento che si è fatto, alla composizione dell’intero portafoglio. “Il metodo più comune è quello di acquistare titoli legati alle commodity che sono poi uno degli elementi che determinano l’andamento dei prezzi al consumo”, spiega Susan Dziubinski, analista di Morningstar. “Il problema è che le materie prime, dal punto di vista delle prospettive di rendimento in questo momento non sono abbastanza interessanti. Un altro sistema è quello di inserire in portafoglio azioni di tipo value. Una delle caratteristiche delle società di questo segmento è di operare in comparti che non vengono toccati, se non in minima parte, dall’andamento dell’inflazione”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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