L’Europa cerca di fare a meno della Bce

I listini della regione continuano a correre. Merito della fiducia creata dall’Eurotower, ma anche di un quadro macro in costante miglioramento. 

Marco Caprotti 12/11/2015 | 10:52
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Il merito non va tutto alla Bce e alle sue iniezioni di denaro e di fiducia. Una parte dello stato di forma evidenziato dai listini europei è anche della congiuntura. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 10 novembre e calcolato in euro) ha guadagnato il 3,6%, portando a +11,5% la performance da inizio anno. A livello di categorie Morningstar, i fondi Europe large cap hanno segnato +4%, quelli mid +4,5% e quelli small +4,6%. Tutti andamenti che, forse, senza l’intervento dell’Eurotower sarebbero andati più a rilento, ma che avrebbero potuto ottenere una spinta dalle ultime previsioni congiunturali.

Dove va l’Europa
Quelle della Commissione europea per la zona che condivide la moneta unica parlano di una crescita del Pil quest’anno dell'1,8% e nel 2017 dell’1,9% (in linea con il 2016). Nell’Unione europea, il Pil aumenterà del 2% l'anno prossimo, dopo la chiusura del 2015 a quota 1,9%. Nel 2017 aumenterà del 2,1%. A maggio la Commissione prevedeva per quest'anno l’1,8% e per il 2016 il 2,1%. Tutti andamenti che le stesse autorità del Vecchio continente hanno definito “modesti”.

Sempre da Bruxelles sottolineano però che ciò avviene “nonostante le condizioni più difficili dell'economia globale”. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovkis, ha sottolineato tuttavia come la crescita sia “sostenuta largamente da fattori temporanei come i prezzi del petrolio bassi, il cambio dell'euro debole e la politica monetaria della Bce accomodante”. Non c’è comunque allarme, perché la Commissione ritiene che altri fattori, come la maggiore occupazione, condizioni di credito favorevoli, progressi nella riduzione dell'indebitamento, assicureranno che il ritmo di crescita resista nel 2016 e nel 2017.

Pil e migranti
Andando nel dettaglio, è l’Irlanda il paese della zona euro (e anche nella Ue) che nel 2016 crescerà di più: la Commissione europea indica per il 2016 un 4,5% dopo il 6% del 2015 e il 5,2% del 2014. La Grecia, sia quest'anno che l'anno prossimo, resterà in recessione, mentre nel 2017 il Pil aumenterà dell'1,7%. Nel 2016 e nel 2017 la Germania aumenterà dell'1,9%. la Francia dell’1,4% e dell’1,7%. La Spagna del 2,7% e del 2,4%. In Polonia, crescita al 3,5% nei tre anni dal 2014 al 2017. Nel Regno Unito, il Pil passerà dal 2,5% nel 2015 al 2,4% nel 2016 al 2,2% nel 2017. Per l’Italia nel 2015, la crescita dovrebbe essere dello 0,9% rispetto allo 0,6% previsto sei mesi fa.

La Commissione ha approfittato delle stime per fare un’analisi sull'impatto economico dell’arrivo in Europa di migliaia di rifugiati provenienti dal vicino oriente. Al netto di un aumento della spesa pubblica, emerge che le persone, se integrate nelle società nazionali, potrebbero sostenere la crescita, soprattutto se istruite, come lo sono soprattutto i cittadini siriani. La Germania potrebbe registrare tra il 2015 e il 2020, un aumento del Pil annuo di mezzo punto percentuale.

Gli operatori di mercato, intanto, ostentano ottimismo. Almeno su alcune aree della regione. “Il processo di riforme strutturali in numerosi paesi europei come Francia, Italia e Spagna dovrebbe continuare con benefici che potranno concretizzarsi entro il 2016”, spiega uno studio firmato da Daniele Spada e Philippe Ferreira, rispettivamente Head of managed account platform e Senior cross asset strategist di Lyxor AM. “Crediamo che il recupero - in termini di competitività - da parte di questi tre paesi nei confronti della Germania, avrà notevoli possibilità di continuare”.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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