Europa stretta fra Grecia e Bce

Con la questione del debito di Atene momentaneamente risolta, è finita la corsa al Bund. Potrebbe terminare anche quella all’high yield alimentata dal Qe.

Marco Caprotti 20/07/2015 | 09:46
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Grecia da una parte e programma di allentamento della Banca centrale europea dall’altra. Ce n’è abbastanza per far venire le palpitazioni agli investitori che vorranno seguire il reddito fisso nel Vecchio continente nei prossimi mesi. E questo anche senza considerare fattori come le prossime scelte di politica monetaria della Federal Reserve, gli effetti del rialzo dei tassi Usa sugli emerging o i programmi di stimolo all’economia nipponica della Bank of Japan.

Grecia
La questione del debito greco e la possibile uscita del paese dalla zona euro sono stati una fonte di forti preoccupazioni per gli investitori nella prima parte dell’anno.  Non è detto che l’accordo raggiunto da Atene con i creditori e il via libera del Parlamento ellenico alle riforme chieste da questi bastino a tranquillizzare il mercato obbligazionario nel medio e lungo termine, ma nell’immediato qualche risultato è stato raggiunto. “Con il rally degli ultimi giorni, fiutando il raggiungimento di un accordo all'Eurosummit, i mercati hanno più o meno annullato i cali delle precedenti settimane e si sono riportati circa ai livelli delle chiusure del 26 giugno, il venerdì precedente l'annuncio a sorpresa del referendum greco e la successiva vittoria dei no”, spiega uno studio firmato da Marco Vailati responsabile Ricerca e investimenti di Cassa Lombarda. “L'impatto sui mercati dell'esito dell'Eurosummit non è stato diretto per interventi sui tassi e titoli, ma indiretto attraverso il ritorno di fiducia e il venir meno di timori di contagio”. Si è ridotta, così, la ricerca di beni rifugio che aveva caratterizzato i giorni precedenti (favorendo il Bund) e si è tornati a prendere in considerazione gli asset rischiosi. Per i fondi obbligazionari questo significa i titoli governativi periferici, che offrono rendimenti maggiori e continuano a essere supportati dalla presenza in campo della Bce con la sua operazione di acquisto di titoli.

“Ci aspettiamo che lo spread dei periferici in generale e del Btp in particolare verso il Bund possa ulteriormente restringersi per tornare in area 100bp, anche se non può essere un movimento lineare e continuo”, spiega Vailati. “Ci saranno alti e bassi ed è probabile che tale restringimento avvenga con tassi tedeschi in rialzo nel giro di qualche mese. La ricerca di rendimento può portare benefici agli spread dei titoli corporate, anche se in questo caso la minore liquidità impone maggiore cautela”.

Bce e allentamento monetario
Gli effetti del programma di stimolo della Bce sono stati evidenti sul mercato obbligazionario. Il decennale tedesco ha iniziato l’anno con un rendimento dello 0,5%, per poi crollare nei mesi seguenti. A fine aprile, tuttavia, il titolo ha fatto un’inversione e lo yield, a fine giugno, è arrivato all’1%. Un cambiamento di marcia figlio di diversi elementi: la fine delle politiche di austerità in diversi stati, alcuni dati macro al di sopra delle attese e un rimbalzo del prezzo del petrolio che ha alimentato le attese di un rialzo dell’inflazione. L’insieme di questi elementi ha spinto gli investitori a ridimensionare l’appetito per le emissioni a lungo termine.

Ma le iniezioni di liquidità della Bce condizioneranno le scelte anche nei prossimi mesi. “Il Qe ha spinto gli operatori verso i segmenti a più basso rating dei mercati obbligazionari, a caccia di rendimento. Ciò ha provocato una carenza di liquidità nei titoli di stato core di bassa qualità  e una saturazione del mercato delle obbligazioni periferiche, subordinate e high yield”,spiega Chris Iggo, responsabile degli investimenti nel reddito fisso di AXA Investment Managers. “Che sia una preoccupazione realistica o meno, ci viene ripetuto che sarebbe un grosso problema se gli investitori abbandonassero rapidamente queste posizioni a causa della carenza di liquidità nei mercati obbligazionari e la mancanza di acquirenti certi. Ma è un circolo vizioso: i gestori obbligazionari riducono il rischio in portafoglio e incrementano la liquidità proprio in previsione di possibili deflussi. Gli spread sui titoli di stato di altri paesi periferici in Europa si sono ampliati, ma non mi sentirei di dire che ci sono stati grossi sconvolgimenti. Il rischio è che gli spread del credito si amplino molto di più”.

 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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