Quel che manca nel portafoglio

Ci sono segmenti che vengono presi poco in considerazione dai risparmiatori. Con gli Strategic beta si può aumentare l’esposizione. Facendo attenzione a come si sceglie. 

Marco Caprotti 24/06/2015 | 09:42
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Meglio scommettere su una strategia growth o value? Meglio rischiare o essere prudenti? Come sempre, le scelte di investimento, anche con gli Strategic beta, dipendono dalla capacità di sopportazione delle fasi di mercato e dagli obiettivi di rendimento dell’operatore. Ma, avendo a che fare con strumenti passivi il cui andamento è legato anche a scelte di tipo attivo, gli investitori possono fare qualche considerazione in più.

Il primo passo è capire cosa comprende l’intero portafoglio di investimento e se ci sono aree nelle quali si è più o meno esposti di quello che si dovrebbe. Lo Strategic beta, a quel punto, può diventare lo strumento per guadagnare un po’ di peso, attraverso la scommessa attiva del prodotto, in segmenti che, normalmente, non vengono presi molto in considerazione dai risparmiatori.

Poco peso, tanta resa
Uno di questi sono le small cap, azioni numerose ma che pesano poco. In termini di capitalizzazione, secondo le analisi di Morningstar (basate sull’indice Ftse Global All Cap Index), rappresentano il 6% della capitalizzazione dei mercati mondiali e poco meno del 10% di quella di Wall Street. Dell’intero universo, inoltre, i fondi di investimento, sempre a livello globale, hanno solo l’1%. “I dati hanno dimostrato che, nel lungo periodo, le azioni delle small cap – soprattutto di quelle che costano poco – hanno la tendenza a fare meglio delle blue chip”, spiega Christine Benz, responsabile della finanza personale di Morningstar. 

Le cose, dal punto di vista delle percentuali, vanno un po’ meglio sul fronte delle aziende di medie dimensioni (le mid cap) che rappresentano circa il 18% della capitalizzazione dei mercati mondiali (e anche di Wall Street).

Da tenere d’occhio
Le analisi di Morningstar hanno dimostrato che gli Strategic beta che danno un’enfasi particolare alle small cap, ai titoli value o ai growth tendono ad avere una volatilità più alta. Per scegliere gli Strategic beta adatti alle proprie caratteristiche di rischio può essere d’aiuto utilizzare indicatori come l’Economic moat elaborato da Morningstar (una misura del vantaggio competitivo) o il rendimento sul capitale investito (un indice di profittabilità). Società con un moat “Ampio”, ad esempio, tendono a navigare in maniera più tranquilla durante le tempeste di mercato rispetto ad aziende che non hanno vantaggio competitivo. Le prime, infatti, di solito hanno sempre buoni profitti e, nel corso del tempo, hanno dato rendimenti migliori anche se più care.

Un campanello d’allarme deve suonare se le top holding azionarie del fondo sono concentrate su pochi titoli. Questo, infatti, può portare a brutte sorprese sul fronte della performance. Essendo prodotti quantitativi, gli Strategic beta sono pensati per fare piccole puntate su molte azioni per sfruttare quelle caratteristiche che possono aumentare i guadagni. Un peso eccessivo su alcune aziende può sbilanciare l’intero strumento verso i rischi specifici di determinate società.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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