Il tesoro dei fondi globali

Morningstar ha analizzato quali titoli hanno contribuito maggiormente alla performance dei migliori fondi Azionari internazionali nell’ultimo anno. A fare la differenza sono le società con business solidi e un buon vantaggio competitivo. Ma ora non è il momento giusto per metterli in portafoglio.  

Francesco Lavecchia 23/10/2014 | 09:43
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Per correre di più, bisogna cavalcare i migliori. Il concetto è meno intuitivo di quello che sembra, soprattutto quando si parla di mercati e fondi di investimento. Il sistema, però, ha funzionato nei comparti della categoria Azionari internazionali. Quelli che hanno avuto la performance più alta negli ultimi 12 mesi devono dire grazie, soprattutto, alle azioni delle aziende che hanno un business solido e una forte posizione all’interno del proprio settore di attività (Economic moat). Insomma, fra chi ha un orizzonte globale, sono stati premiati in particolare quelli che hanno avuto un approccio prudente.

La nicchia di Shire
Vontobel Fund Sustainable Global Leaders, gestito dal dicembre del 2012 da Roger Merz, guida la classifica dei fondi azionari globali grazie ad un rendimento a 12 mesi pari al 19,80% (in euro al 20 ottobre 2014). L’approccio all’investimento predilige le azioni con un profilo growth e, rispetto alla media del settore, quelle di società attive nel settore salute e immobiliare e che sono esposte al mercato statunitense. Tra i titoli in portafoglio, un basket composto da una trentina di holding, quello della società farmaceutica britannica Shire è stato quello che nel periodo preso in considerazione ha contribuito maggiormente alla performance complessiva. SHP è una partecipazione di lunga data e pesa per il 6% sull’intero capitale gestito.

L’azienda è nota per il farmaco per la cura dell’ADHD (sindrome da deficit di attenzione, disturbo che colpisce i bambini), le cui vendite contano per il 40% del fatturato globale, ma nel corso degli anni, grazie agli investimenti interni nella ricerca e a numerose acquisizioni, è riuscita ad arricchire la propria offerta mantenendo comunque un focus sulla cura delle malattie rare. La diversificazione del portafoglio la tutela dal rischio di essere condizionata dagli esiti di un singolo prodotto, mentre la decisione di concentrarsi su mercati di nicchia la mette al riparo dalla concorrenza delle big del pharma, per le quali questo tipo di business non è in genere profittevole. In base a queste considerazioni i nostri analisti riconoscono a Shire una posizione di vantaggio all’interno del settore farmaceutico (Economic moat) e stimano un prezzo obiettivo pari a 36,25 sterline. Alle attuali quotazioni di mercato il titolo resta comunque troppo costoso, nonostante nell’ultimo mese abbia perso oltre il 20% (scendendo dal massimo storico di 54,55 sterline), in seguito al mancato accordo con AbbVie, che ha rinunciato ad acquisire l’azienda britannica in seguito al cambiamento delle normative fiscali in vigore negli Usa.

A Facebook fanno bene gli inserzionisti
Il comparto Morgan Stanley Investment Funds Globalpportunity A si è piazzato al secondo posto grazie a una performance annuale del 19,25% (in euro al 20 ottobre 2014). Kristian Heugh, che si occupa da circa quattro anni della gestione degli investimenti, si distingue rispetto ai fund manager concorrenti per il sovrappeso del settore high-tech e i mercati di Asia, Africa e America latina. Al gestore va dato il merito di aver creduto da subito nelle prospettive di crescita di Facebook, che ora rappresenta il 9% del patrimonio netto. L’investimento nel social network di Zuckerberg ha reso nel 2013 il 96% e il 60% da inizio anno circa (in euro al 30 settembre 2014), per cui è uno dei principali driver della performance del fondo.

La decisione di Facebook di aprire la propria piattaforma ai partner commerciali e agli sviluppatori di applicazioni e contenuti è stata a nostro avviso una scelta brillante. In questo modo gli inserzionisti pubblicitari riescono a targhetizzare i loro annunci e quindi a massimizzare il ritorno del loro investimento pubblicitario, mentre Facebook è in grado di valorizzare al massimo la profondità e l’ampiezza del proprio database. Il recente lancio della nuova piattaforma pubblicitaria (Atlas) permetterà, inoltre, una maggiore integrazione dei dispositivi attraverso cui si accede al social network e un miglior grado di misurabilità del ritorno pubblicitario da parte delle aziende inserzioniste.

Questo cambiamento tecnologico contribuirà in maniera significativa alla crescita dei margini di profitto del gruppo, che in base alle nostre stime dovrebbero salire di circa dieci punti percentuali. E' per questo che i nostri analisti assegnano a Facebook un Economic moat ampio (forte vantaggio competitivo). Nonostante l’approdo al segmento mobile sia stato lento, il traffico e il fatturato legato a questi dispositivi superano ora quelli provenienti dagli utenti desktop. Un trend che dovrebbe consolidarsi nei prossimi anni. Facebook è destinata, insieme a Google, a rivoluzionare il settore della pubblicità, ma il mercato è troppo ottimista sulle prospettive di crescita del titolo. Ecco perché suggeriamo di esporsi sul titolo solo nel caso in cui le quotazioni tornino ad avere un significativo margine di sicurezza rispetto al nostro target price che è di 60 dollari per azione.

Il vantaggio di Teva
Al terzo posto per performance a un anno, si colloca la Sicav lussemburghese di State Street global Managed Volatility Equity, che nello stesso periodo ha realizzato un rendimento del 17,10%. A differenza degli altri, questo comparto presenta una maggior parcellizzazione del proprio investimento (frazionato in circa 200 titoli) e una minor correlazione con il benchmark di riferimento (l’indice Msci World). Il fund manager, infatti, si propone di operare una gestione attiva con l’obiettivo di creare valore e al tempo stesso di limitare la volatilità dei rendimenti.

Nonostante il portafoglio si distingua rispetto ai fondi concorrenti per un sovrappeso del settore utility, telecom e beni di consumo difensivi, il contributo maggiore alla performance degli ultimi dodici mesi arriva dai titoli dei comparti health care e materie prime. In particolare dall’esposizione alla società farmaceutica Teva Pharmaceutical Industries, che negli ultimi 12 mesi ha visto salire la propria capitalizzazione di mercato del 41%.

I nostri analisti riconoscono al gruppo israeliano, la cui Adr è quotata sul Nyse di New York, una posizione di vantaggio rispetto ai propri competitor (Economic Moat) per effetto delle elevate economie di scala e della verticalità della sua struttura operativa nel segmento dei farmaci generici, oltre che per gli elevati margini di profitto garantiti dai suoi brevetti.

Sebbene i diritti di esclusiva sul suo prodotto di punta (Copaxone) scadranno verso la fine di quest’anno, le aziende concorrenti che sarebbero in grado di produrre questo farmaco sono al massimo tre e questo significa un impatto non traumatico sulla profittabilità della società. Inoltre, Tevas è leader in un settore molto frammentato come quello dei farmaci generici, grazie ad una quota di mercato del 20%, ed è uno dei pochi operatori ad avere le capacità di produrre e commercializzare anche i farmaci più complessi come i biosimilari (l’alternativa generica a quelli biotecnologici).

L’effetto sui margini di profitto derivanti dalla scadenza del brevetto su Copaxone dovrebbe essere compensato dal piano di riduzione dei costi e dalla maggior presenza, attraverso nuove acquisizioni e accordi di partnership, sui mercati emergenti, dove la concorrenza sui generici è meno forte che nei Paesi occidentali. I nostri analisti ipotizzano quindi un margine operativo stabile attorno al 20% e stimano un prezzo obiettivo pari a 50 dollari per azione.

 

 

 

 

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Meta Platforms Inc Class A481,07 USD-4,13Rating
MS INVF Global Opportunity A122,21 USD-0,84Rating
State Street Glb ESG Scrn Mg Vol EqI$Acc28,42 USD0,26Rating
Teva Pharmaceutical Industries Ltd ADR12,86 USD0,63Rating
Vontobel Smart Data Equity A USD179,99 USD-0,15Rating

Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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