Europa sotto il tiro di Mosca e Kiev

La crisi fra Ucraina e Russia per la Crimea rischia di rallentare la ripresa del Vecchio continente. Nessuno vuole parlare di deflazione. Ma la regione continua ad avere un problema di crescita che le tensioni possono peggiorare. 

Marco Caprotti 13/03/2014 | 11:55
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Crisi in Ucraina e ripresa europea sono più legate di quanto possa sembrare a prima vista. Soprattutto in un momento in cui sui mercati si parla (anche se per negarla) di deflazione del Vecchio continente. Sul fronte geopolitico va segnalato che nei giorni scorsi il Parlamento della Crimea, con 78 voti favorevoli su 81 partecipanti al voto, ha dichiarato l’indipendenza della penisola ucraina. Un passo preliminare in vista del referendum di domenica sulla riannessione alla Russia. Il Parlamento della Crimea, peraltro, è considerato illegale dalle autorità di Kiev.

L’Europa fra Mosca e Kiev
Mentre la diplomazia internazionale è al lavoro e si parla di sanzioni contro la Russia, gli operatori provano a disegnare qualche scenario se la situazione dovesse radicalizzarsi ulteriormente. “Le ricadute negative non sarebbero certo limitate solo alla Russia, né come economia né come mercato. Il canale principale di trasmissione globale della crisi sul fronte economico per l’occidente sarebbe attraverso il costo delle materie prime”, spiega una nota firmata da Donatella Principe, Responsabile institutional business di Schroders Italia. “La connessa riduzione del potere d’acquisto colpirebbe in modo particolarmente duro le economie più fragili, come quelle periferiche europee, che stavano sperimentando i primi deboli segnali di ripresa. Se fino a ieri i timori nel Vecchio continente erano di deflazione (una situazione di calo dei prezzi durante la quale i consumatori aspettano ulteriori discese provocando un nuova frenata dell’economia, Ndr), il rischio reale diventerebbe invece quello di una stagflazione (aumento dei prezzi sommato a una mancata crescita, Ndr)”.

E la deflazione?
La convitata di pietra nel braccio di ferro fra Ucraina e Russia è proprio la crescita. La Bce nei giorni scorsi ha provato a rassicurare i mercati. “Con un tasso di inflazione nell’Eurozona allo 0,8%, chiaramente non siamo in deflazione ma stiamo piuttosto vivendo un periodo prolungato di bassa inflazione che sarà seguita da un movimento graduale al rialzo verso tassi di inflazione sotto, ma vicino al 2%”, ha detto il presidente dell’istituto monetario, Marcio Draghi, parlando al simposio sulla Stabilità Finanziaria e il ruolo delle Banche centrali organizzato dalla Bundesbank a Francoforte. “Certamente un’inflazione che rimanga bassa per troppo tempo è un rischio in sé. Implica che ci sia solo un piccolo margine di sicurezza rispetto allo zero. E questo rende gli sforzi di aggiustamento strutturali più difficili”.

Di recente, una causa di bassa crescita dei prezzi sono stati gli sviluppi nel mercato dell'energia. “Tuttavia il basso outlook dell'inflazione è determinato anche da una continua debolezza nella domanda” ha detto Draghi. A questo punto non abbiamo prove che i consumatori stiano rimandando i loro piani di acquisto. Ma ogni passo falso nell’assorbimento della debolezza dell’economia potrebbe portare a ulteriori sviluppi negativi”.

Le rassicurazioni dell’Eurotower sembrano aver convinto gli operatori. “I segnali indicano disinflazione (una riduzione dell’inflazione, Ndr) e non deflazione”, spiega uno studio di Allianz Global Investors. “L’andamento dei prezzi è influenzato dalla debolezza delle commodity a livello mondiale, da una tendenza all’appiattimento della crescita economica nelle aree emergenti, nonché da una convergenza dei paesi periferici dell’area euro con quelli core in termini di economia reale”.

La congiuntura nella zona euro, intanto, continua a mostrare timidi segnali di ripresa. “La crescita nel 2014 potrebbe assestarsi all’1% circa” spiega una nota di Raiffeisen capital management. “Il fattore di rischio più grande in questa prospettiva potrebbe essere un ulteriore rallentamento della crescita economica in Cina e in altri grandi paesi emergenti. Sulla carta (dati sul Pil, deficit di bilancio, competitività relativa) si registra senza dubbio un miglioramento negli stati periferici e in particolare in Irlanda. C'è però da chiedersi se questa tendenza sia sostenibile, soprattutto se si guarda alla disoccupazione catastroficamente alta”. Per quanto riguarda la possibilità di deflazione “questo timore ci sembra esagerato”, dicono da Raiffeisen. “Pertanto, nella zona euro non è in vista alcun restringimento della politica monetaria, anzi, piuttosto un altro allentamento”.  

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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