Biglietto verde, futuro rosa

Le grandi Banche centrali e i paesi emergenti stanno diminuendo le riserve di dollari. Ma, dicono gli operatori, non ci sono alternative alla divisa Usa che, dopo un periodo di declino, si prepara a risorgere. 

Marco Caprotti 07/11/2013 | 10:20
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L’era del dollaro sta arrivando al tramonto? Alcuni elementi indurrebbero a pensare che il biglietto verde potrebbe non essere più la valuta di riferimento dei mercati internazionali. Ma gli operatori preferiscono non celebrare un funerale in anticipo.

Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, le grandi Banche centrali mondiali nel secondo trimestre del 2013 hanno investito il 62% delle loro riserve nella valuta americana. Un calo deciso rispetto al 71,5% del 2001. Cina e Russia, i paesi che detengono rispettivamente la prima e la quarta riserva di valuta estera al mondo, hanno detto che potrebbero intensificare la loro ricerca per una valuta di riferimento alternativa al dollaro. Pechino, in particolare, non fa mistero dell’intenzione di voler fare diventare lo yuan la valuta di riferimento delle riserve mondiali e sta cercando di promuovere l’uso di divise nazionali negli scambi commerciali e nell’erogazione di prestiti internazionali. Tutto questo in un momento in cui la Federal Reserve sta pompando 85 miliardi di dollari al mese nel sistema economico. 

A contribuire al momento negativo della valuta americana sono anche questioni interne agli Usa. La recente debolezza del biglietto verde deriva probabilmente dalla decisione assunta dalla Fed a settembre di rinviare i tagli al Quantitative easing (Qe), dall’assurda situazione sul budget (Casa bianca e Congresso faticano a trovare un accordo definitivo sul debito) e dall’enorme ondata di vendite su una montagna di posizioni lunghe in dollari.

Non c’è alternativa al dollaro
E’ vero che alcune economie emergenti vogliono ridurre la loro esposizione all’economia americana tagliando gli investimenti in dollari. Ma questo non significa che ci sia una valida alternativa al biglietto verde”, spiega uno studio firmato da Tatjana Michel, responsabile dell’analisi sulle valute di Charles Schwab. “Gli Usa sono la sede del più grande e liquido mercato finanziario del mondo che pesa per il 45% della capitalizzazione equity globale. Nei momenti di crisi gli investitori vorranno ancora comprare asset sicuri come i Treasury e il dollaro”. E per quanto riguarda le intenzioni della Cina? “Il processo per rendere lo yuan la valuta di riferimento a livello mondiale è lungo e pieno di rischi e incertezze”, risponde Michel. “Essere accettata come valuta di riferimento non è facile. Basta guardare ai momenti difficili che sta attraversando l’euro”. 

Dal punto di vista operativo, quindi, gli operatori consigliano di non dare ancora per finita la divisa Usa. “La nostra passione per il dollaro americano negli ultimi 18 mesi (sempre più condivisa anche da altri) è giustificata da diversi motivi”, spiega uno studio firmato da Mike Riddell,  gestore obbligazionario M&G. “Fra questi ci sono le valutazioni convenienti della divisa statunitense dopo dieci anni di declino, il miglioramento del saldo delle partite correnti e l’avanzata rapida verso l’indipendenza energetica. Il tutto unito a un rafforzamento della ripresa economica in cui il vigore del mercato immobiliare, insieme al tasso di disoccupazione in calo costante, rendono altamente probabile un avvio anticipato del ciclo di contrazione della politica monetaria negli Stati Uniti rispetto alla maggior parte dei paesi avanzati”.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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