Vince l’Europa, ma di misura

I segnali di risveglio ci sono. Ma in alcune zone non sono convincenti. L’America cresce, ma c’è la questione dello stop agli aiuti. Gli emergenti non riescono a far girare la domanda interna. Il Vecchio continente, intanto, ci prova.  

Marco Caprotti 20/08/2013 | 12:21
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La ripresa dei mercati c’è, anche se non sta procedendo con il ritmo sperato. L’indice Msci World nell’ultimo mese (fino al 31 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 3,5%, portando a +13,32% la performance da inizio anno.

“La situazione macro delle principali regioni economiche sta migliorando”, spiega uno studio di Thomas White International (Twi).

“Tuttavia i timori legati alle prossime mosse della Federal Reserve per quanto riguarda lo stop alle iniezioni di liquidità hanno convinto gli investitori a esporsi sui mercati meno di quanto avrebbero voluto”.

Le rassicurazioni della Banca centrale americana – che ha detto che interverrà solo quando le condizioni macro lo consentiranno mentre ha promesso di non toccare ancora i tassi – insomma non sembrano aver sortito l’effetto sperato. Più fortuna hanno avuto alcuni dati macroeconomici, come la fiducia dei consumatori in America e le spese dei giapponesi per i beni durevoli e le case.

L’Europa si risveglia
Anche la situazione in Europa sembra migliorare, seppur di misura. L’indice dei direttori d’acquisto del settore manifatturiero è salito a luglio a 50,3 al di sopra delle stime degli analisti (e oltre la soglia che separa la ripresa dalla frenata). A giugno l’indice aveva fatto segnare 48,8. Il dato del mese scorso calcolato da Markit rappresenta il risultato migliore da due anni. Sia la produzione che i nuovi ordini hanno registrato aumenti ai tassi più veloci dalla metà del 2011, e questo grazie alle esportazioni che aumentano e ai mercati nazionali che hanno registrato valori più vicini alla stabilizzazione. In salita anche il Citigroup Economic Surprise Index (un indice che calcola le differenze fra i dati macro attesi dagli economisti e quelli comunicati. Ogni valore positivo indica che i numeri sono stati migliori delle stime, mentre ogni segno meno dice che gli operatori si attendevano di più). Le ultime letture del grafico dicono che il Vecchio continente ha segnato un valore di 57, decisamente più alto degli Stati Uniti (la cui ripresa viene da tempo data per imminente) che da aprile viaggia intorno a quota zero.

Emerging con il freno a mano
I dati dalle economie emergenti, intanto, continuano a disegnare un quadro non molto esaltante. “La crescita non procede con il passo giusto, anche a causa di una domanda interna che non riesce a compensare il calo delle vendite all’estero”, spiega il report di Twi. “Alcuni grandi paesi, come Cina, Corea del Sud e India, stanno subendo un calo delle esportazioni e un aumento della valuta che rende più costose le importazioni”. L’andamento delle commodity, poi, non aiuta tutti gli emerging. “L’aumento del prezzo del petrolio, per esempio, può far bene alla Russia che lo vende, ma pesare troppo sugli stati in via di sviluppo che ne hanno bisogno per crescere”, conclude lo studio.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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