Un Qe targato Europa

Mario Draghi sta cambiando la filosofia della Bce. Somiglia sempre di più alla Fed e prepara nuove politiche monetarie non convenzionali. Ma seguire l'esempio degli Usa non è facile. 

Marco Caprotti 11/07/2013 | 11:57
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La Banca centrale europea fa di tutto per assomigliare alla Federal Reserve. Si sta forse preparando a lanciare un’operazione di Quantitative easing (Qe) simile a quello dell’istituto Usa (acquisto di bond statali per 85 miliardi al mese)? Il dubbio agli operatori è sorto quando hanno letto le ultime dichiarazioni ufficiali del presidente dell’istituto di politica monetaria di Eurolandia, Mario Draghi: “Il Consiglio stima che i tassi di riferimento europei saranno pari o inferiori ai livelli attuali ancora per molto tempo”. Quello che ha stupito gli investitori non è stata tanto la decisione dell’Eurotower di continuare con la politica monetaria dei tassi bassi, quanto il fatto che il presidente Draghi si sia lanciato in una previsione per il futuro. Una cosa mai sentita nelle gestioni precedenti dell’istituto. E un elemento che avvicina Francoforte alla Bank of England e, soprattutto, alla Fed che non è nuova ad annunci di questo tipo.

Ma perché cambiare approccio? “Primo, la Bce potrebbe non riuscire a raggiungere l’obiettivo primario di un’inflazione pari o prossima al 2% nel medio termine. Secondo, Draghi è sempre più preoccupato per la persistente e generalizzata debolezza dell’economia reale. Infine, il Consiglio teme che l’Eurozona possa continuare a risentire di dinamiche monetarie sottotono. Sembra quasi di ascoltare la Fed degli ultimi anni”, spiega uno studio firmato da Stefan Isaacs, gestore del fondo obbligazionario M&G European Corporate Bond.

C’è spazio per un Qe?
Nel frattempo è intervenuto il Fondo monetario internazionale. Oltre a rivedere al ribasso le previsioni del Pil (Prodotto interno lordo) italiano per il 2013 (da -1,5% a -1,8%), ha invitato pubblicamente la Bce a intraprendere acquisti diretti di asset. “Per ora, a pochi mesi dalle elezioni in Germania, Draghi farà orecchie da mercante (i tedeschi sono per una linea di estremo rigore per i paesi più a rischio, Ndr)”, continua Isaacs. “La Banca è convinta che la sua prossima carta da giocare sarà un taglio dei tassi in risposta a una maggiore debolezza dell’economia. La parola d’ordine è: prendere tempo. Se le attese di inflazione dell’Eurozona resteranno al di sotto del target e se l’economia rimarrà anemica in tutta la regione, allora la Bce dovrà valutare molto attentamente l’impatto di una politica monetaria tradizionale”.

Resta da capire quali sono gli spazi di manovra che ha a disposizione l’Eurotower. “La fotografia dell’Eurozona è più complessa rispetto a quella degli Stati Uniti o del Giappone (che ha introdotto una politica economica aggressiva, Ndr)”, spiega William De Vijlder, responsabile investimenti globali di Bnp Paribas Investment Partners. “L’istituto non può ripianare i deficit di bilancio dei paesi della regione. Sono state però introdotte altre forme di aiuti non convenzionali come l’Ltro (Long term refinancing operation con cui le banche chiedono prestiti) e l’Omt (Outright Monetary Transaction, aiuti in cambio di profonde riforme fiscali)”. Le scelte a disposizione a questo punto sono limitate: si può arrivare a dei tassi negativi sui depositi o a un nuovo Ltro. Quello che è certo è che una crescita dei rendimenti in Europa potrebbe forzare la mano alla Bce”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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