L'economia mondiale resta in bilico

I progressi fatti da Stati Uniti e Giappone sono stati in parte vanificati dalla debolezza dell'Europa. Anche gli emergenti non stanno bene. L'Fmi, intanto, lima le sue previsioni. 

Marco Caprotti 10/07/2013 | 15:27
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L’economia mondiale mostra segni di miglioramento, ma il trend potrebbe non continuare. “Il progresso congiunturale registrato negli Stati Uniti e in Giappone è stato in parte smorzato dai problemi di Eurolandia”, spiega uno studio di Thomas White International. “Anche nel Vecchio continente, tuttavia, non mancano le buone notizie come il miglioramento della fiducia dei consumatori e delle aziende in Germania”.

Segnali contradditori sono arrivati dalle economie emergenti che hanno dovuto fare i conti con il calo della domanda da parte dell’Europa e con la discesa dei prezzi delle commodity (che per molti paesi in via di sviluppo rappresenta la principale voce di bilancio). “L’indebolimento di alcune valute come la rupia e il real, tra l’altro, non porta nessun beneficio. Avendo a che fare con uno scenario molto competitivo, le aziende dei paesi esportatori hanno iniziato una guerra dei prezzi che, già nel medio periodo, inciderà sui bilanci”, continua lo studio.

L’allarme dell’Fmi
Il Fondo monetario internazionale, intanto, nel suo World economic outlook ha limato le previsioni sull’andamento del Pil globale. “A causa di una domanda domestica debole, del rallentamento della crescita nelle economie di vari mercati emergenti chiave e una ancor più protratta recessione nell'area Euro”, ha tagliato dello 0,2% le stime sia per quest’anno sia per l’anno prossimo rispettivamente a un +3,1 e +3,8%. Secondo l'istituto guidato da Christine Lagarde, “rischi per una frenata alla crescita globale continuano a dominare: mentre i pericoli più vecchi restano, altri ne sono emersi inclusa la possibilità di un più lungo rallentamento nelle economie dei mercati emergenti”, soprattutto se si considerano l’eventualità di una stretta creditizia e di condizioni finanziarie meno agevoli.

Quest'ultime in particolare, dice il Fondo “sono legate all'atteso venir meno delle politiche monetarie di stimolo negli Stati Uniti, che porta a un cambio di rotta dei flussi di capitale”. Ecco perché, consiglia il Fondo, “misure aggiuntive saranno necessarie” per tenere a bada i rischi. Tra queste l’istituto cita “l’incremento tempestivo del tetto al debito pubblico americano” e l'adozione da parte della classe politica dell’area Euro delle azioni necessarie per “mitigare e rovesciare la frammentazione finanziaria”.

I dubbi dei mercati
Per quanto riguarda il fronte dei mercati azionari, gli investitori hanno continuato a fare i conti con la possibilità di uno stop alle iniezioni di liquidità da parte della Federal Reserve. A fine giugno i mercati sono tornati a guardare con preoccupazione alla situazione greca dove ci sono stati dei disordini dopo la notizia della chiusura (poi evitata) della televisione pubblica. La Borsa di Tokyo, che aveva ricevuto una bella spinta dall’Abenomics (la politica economica aggressiva introdotta dal governo di Shinzo Abe), ha dovuto però fare i conti anche con un rafforzamento dello yen che ha penalizzato i titoli dell’export. L’indice Msci World, comunque, nell’ultimo mese (fino al 9 luglio e calcolato in euro) è riuscito a guadagnare il 3,4%, portando a +14,6% la performance da inizio anno. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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