Cipro chiama Italia. E Slovenia

I tre stati sono al centro delle strategie degli operatori finanziari. Il salvataggio dell'isola è un esempio pericoloso, mentre il Belpaese fa aumentare la volatilità sui mercati. E a Lubiana...

Marco Caprotti 28/03/2013 | 11:52
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Un occhio a Cipro, uno alla Slovenia. Ma la testa degli investitori in questi giorni è tutta concentrata sull’Italia e sui suoi tentativi di arrivare alla formazione di un governo. Il fatto che dalle elezioni non sia un uscito un vincitore certo, da molti è stato interpretato come un voto contro le riforme e il piano di austerità introdotti dal governo di Mario Monti. Questo ha portato ulteriore confusione sui mercati e altra incertezza in una regione i cui asset sono già estremamente volatili.

“Secondo noi c’è qualche rischio che l’Italia possa far uscire l’Eurozona dal sentiero di ripresa che ha intrapreso”, spiega Katrina Dudley, gestore di Franklin Templeton Investments. “Tuttavia siamo convinti che gli elettori abbiano votato per non avere più austerità e non contro la cancellazione della misure già adottate”. Resta il fatto che se non si riuscirà a formare un governo stabile arriverà  nuova volatilità in tutta Eurolandia. “Dal punto di vista operativo l’esito delle elezioni italiane ha sottolineato l’importanza dell’analisi del rischio politico quando si preparano le stime sull’area euro”, spiega un report di Andrew Balls, managing director e responsabile della gestione del portafoglio europeo di Pimco. “La divisione del Parlamento e la crescita del Movimento 5 Stelle indicano che è difficile capire come l’Italia formerà un esecutivo e quanto a lungo durerà. E’ vero che il paese ha un basso deficit fiscale e ha portato avanti una serie di importanti riforme, tuttavia è poco probabile che sia in grado di varare i cambiamenti necessari a promuovere la crescita”.

Il problema Cipro
La questione di Cipro, intanto, non è stata ancora messa nel cassetto. Il metodo scelto per salvare l’isola non è piaciuto ai mercati. Eurogruppo e Fondo monetario internazionale presteranno 10 miliardi (la quota dell’Fmi sarà probabilmente attorno a 1 miliardo). Gli azionisti, i detentori di obbligazioni e depositanti non assicurati con oltre 100 mila euro della Laiki Bank subiranno un prelievo che li costringerà a sborsare, in totale, sul tavolo 4,2 miliardi di euro. Sono previste inoltre restrizioni ai movimenti di capitale per evitare la grande fuga dall'isola, in particolare di russi e britannici. “Per Cipro tutto questo significa aver evitato la bancarotta e una possibile uscita dall’euro. Almeno per adesso”, spiega una nota firmata da Darren Williams, economista di Alliance Bernstein. “Ma le prospettive per Cipro sono pessime. L’isola rischia di andare incontro a una recessione forse peggiore di quella vista in Grecia. Questo, a sua volta, minaccia di far saltare il piano di risanamento rendendo insufficiente l’aiuto fornito”.

Ma conseguenze potrebbero esserci per l’intera area euro. “Non sorprende che l’attenzione dei mercati sia stata tutta sulla questione dei prelievi bancari”, continua Williams. “Se altri paesi si dovessero trovare in difficoltà e avessero bisogno di chiedere aiuto potremmo trovarci ad assistere a una corsa per ritirare i depositi. L’imposizione di una tassa sui conti correnti costituisce un precedente di cui è difficile prevedere tutte le conseguenze”. Ma il messaggio che arriva da Cipro deve essere chiaro anche agli investitori. “I paesi dell’area euro sembrano sempre più propensi a far pagare anche ai privati le manovre di aiuto ai paesi in difficoltà”, spiega l’economista. “Questo non ha implicazioni immediate sugli altri stati periferici, ma sarà bene ricordarsene se e quando i programmi di riforma non dovessero riuscire a sistemare i debiti pubblici”. 

Il caso Slovenia
Tutto ciò ha portato gli operatori a pensare alla Slovenia che, secondo molti osservatori sarà a breve il sesto paese membro dell’Eurozona a chiedere sostegno all’Europa. Nel mirino c’è il sistema creditizio: le sofferenze sui crediti delle banche sono pari a circa 7 miliardi di euro, il 20% del Pil. Anche i dati economici sono pesanti. La crescita ha subìto una riduzione in termini reali del 2,3% rispetto al 2011 per un valore complessivo di 35,47 miliardi di euro (17.244 euro per abitante). Sono crollati i consumi (-2,6%) e gli investimenti (-17%). A complicare il quadro è la bolla immobiliare, il cui scoppio ha messo in crisi banche, proprietari di case e imprese edili.

La cura potrebbe essere la creazione di una bad bank che raccolga i crediti in sofferenza trasferendo gli asset tossici alla Banca centrale del paese. Poi ci vorrà un piano di ricapitalizzazione delle banche e, forse, pesanti ristrutturazioni. “La Slovenia non ha praticamente più alcun accesso al mercato dei capitali”, scrive in una nota Christop Weill, capo economista di Commerzbank. “Dovrà ricorrere al sostegno della comunità internazionale entro la fine dell’anno”. Per il premier sloveno Alenka Bratusek, invece, il paese “non avrà bisogno di aiuti. Ce la possiamo fare da soli”. La situazione nel paese non è comparabile a quella cipriota, nondimeno, ha detto Bratusek, i conti pubblici sono ancora “in una cattiva situazione” e il Consiglio dei ministri sta lavorando “con determinazione” per risanare il settore bancario e valutare l’introduzione di nuove tasse. In ogni caso, “il sistema bancario è solido e sicuro e non possono essere applicati confronti con Cipro. I depositi bancari sono al sicuro con la garanzia del Governo”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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