Bond, il rischio non perde gusto

Gli operatori abbandonano il reddito fisso e si spostano sull'equity. Ma le scelte pericolose erano già state fatte nel 2012 con high yield ed emergenti. 

Marco Caprotti 22/01/2013 | 14:01
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Gli operatori iniziano a sperare nella ripresa e mettono da parte lo scudo del reddito fisso. L’indice Barclays del settore nell’ultimo mese (fino al 21 gennaio e calcolato in euro) ha perso poco più del 2%. Segno, spiegano gli analisti, che gli investitori stanno diventando un po’ più coraggiosi e preferiscono spostarsi su asset leggermente più pericolosi. Un atteggiamento del genere, in realtà, si era visto già nel 2012, quando gli operatori avevano preferito puntare sulle obbligazioni high yield e dei paesi emergenti. Prodotti, di solito, adatti a chi ha le coronarie forti, ma che l’anno scorso sono stati considerati più sicuri rispetto alle emissioni dei paesi sviluppati (e in particolare di quelle degli stati periferici dell’Europa).

Le mosse delle Banche centrali
I principali fattori che hanno inciso in passato sul sentiment non sono cambiati: rallentamento della crescita dei paesi sviluppati e crisi del debito sovrano. In questo contesto le autorità monetarie hanno adottato un tono decisamente accomodante. La Federal Reserve ha annunciato la propria intenzione di mantenere i tassi su livelli ridotti per altri due anni, mentre il Comitato per la politica monetaria della Bank of England ha votato all’unanimità a favore del mantenimento dell’attuale tasso dello 0,5%.

D’altro canto, si sono intensificati i dubbi circa la capacità delle autorità dell’Eurozona di risolvere il problema del debito sovrano nei paesi membri. Nonostante l’azione di supporto alle obbligazioni italiane e spagnole promossa dalla Banca centrale europea, il processo di rafforzamento dei poteri dello “Strumento di stabilità finanziaria per l’Europa” (Efsf) e del “Meccanismo europeo di stabilità” (Esm) è incerto, oltre a essere complicato da difficoltà politiche. A fronte di ciò, gli investitori hanno abbandonato gli asset esposti alla crisi dei titoli di debito, in particolare quelli del settore finanziario, e hanno aggravato ulteriormente la già critica situazione dei titoli di Stato greci.

Le forbici del rating
Il 2012 è stato caratterizzato da un’iperattività delle agenzie di rating. I tagli ai rating sovrani non vanno presi sottogamba. Un effetto contagio a livello di nazioni, infatti, si potrebbe trasferire anche alle imprese. La metodologia di rating delle agenzie dice chiaramente che il giudizio sulle corporate non può essere molto più alto rispetto a quello degli stati di cui fanno parte. Nuovi downgrade a livello nazionale rischiano di avere un impatto sui rating delle aziende e, quindi, sulla capacità di queste di accedere a linee di credito. Diversi titoli di Stato europei hanno registrato un ampliamento del proprio spread sui Bund tedeschi, innescando di conseguenza una serie di dichiarazioni di austerity da parte dei governi nazionali.

Le obbligazioni corporate, anch’esse sensibili all’andamento dei tassi, hanno tratto vantaggio, anche se i guadagni sono stati messi in secondo piano dalla minore propensione al rischio creditizio degli investitori.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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